The Piper at the Gates of Down, l’inizio di tutto
Era il 4 agosto del 1967 quando The Piper at the Gates of Down, il primo album in studio dei Pink Floyd, venne pubblicato. Si tratta certamente di un album storico, una vera e propria pietra miliare nella storia della musica. Non solo perchè è l’album da cui la meravigliosa epoca dei Pink Floyd – che culminerà con i capolavori come “The Dark Side of the Moon” – prende inizio; ma anche perchè l’album può considerarsi la base di diversi generi musicali, come indie rock, punk rock, space rock e noise rock.
Fu anche l’unico album della band ad essere realizzato con il totale controllo di Syd Barrett, il leader che divenne la grande ispirazione della band nei lavori successivi. Abbiamo deciso di raccogliere cinque curiosità riguardanti l’album.
I primi concerti dei Pink Floyd
Prima che l’album venisse realizzato, l’approccio con la musica da parte dei Pink Floyd c’era già stato. La band aveva già realizzato dei singoli (come Arnold Layne/Candy and a Currant Bun, che venne pubblicato a marzo ed ebbe anche un buon successo), una prima versione di Interstellar Overdrive – dalla durata di 16 minuti – e alcuni concerti.
I primi concerti dei Pink Floyd altro non erano che jam strumentali e cover di genere blues. A poco a poco, poi, iniziò ad essere inserito repertorio realizzato da Syd Barrett. Nel concerto Games for May furono presentati la maggior parte dei brani poi presenti nell’album.
La copertina e il titolo dell’album
Per quanto riguarda il tanto iconico titolo dell’album, esso deriva dal settimo capitolo del romanzo per ragazzi Il vento tra i salici. Il romanzo è stato scritto da Kenneth Grahame, e nel capitolo in questione (da cui poi la band si ispirerà per il titolo dell’album) i protagonisti, attratti dalla musica, incontrano il dio Pan.
La copertina, invece, è stata disegnata e fotografata da Vic Singh. Mentre, sul retro della stessa, è presente silhouette disegnata proprio da Syd Barrett.
L’accoglienza della critica
L’accoglienza della critica fu subito positiva e i Pink Floyd ottennero grandi giudizi già nel momento in cui l’album fu pubblicato. Uno dei commenti migliori fu realizzato da Record Mirror: «l’immagine psichedelica del gruppo prende realmente vita con questo LP, che è una bella occasione con cui (i Pink Floyd) mettono in mostra sia il loro talento che la loro tecnica di registrazione. L’album è pieno di suoni strabilianti».
L’album fu definito come il capolavoro di Syd Barrett, pieno di una carica psichedelica mai vista prima e senza paragoni nel mondo della musica. Le critiche sono poi rimaste positive nel tempo, e quasi in ogni ambito l’album ha ottenuto sempre il massimo da recensioni e critiche.
I primi problemi con Syd Barrett
Il tour promozionale dell’album segnò primi segni problematici per la band e, soprattutto, i primi problemi con Syd Barrett. Il tour realizzato, in novembre, negli Stati Uniti non ottenne alcun successo proprio a causa dei problemi mentali del frontman della band, che non riusciva più ad assicurare delle ottime performance dal vivo.
Astronomy Domine e Interstellar Overdrive furono i brani di punta delle esibizioni: divennero centrali nelle scalette e molto spesso la band concedeva bis delle canzoni stesse; alcuni brani come Flaming e The Gnome, invece, non vennero eseguiti.
La riedizione dell’album
In occasione del quarantesimo anniversario di The Piper at the Gates of Down è stata pubblicata, dalla band, una riedizione dell’album. Il 4 e l’11 settembre sono state pubblicate due edizioni limitate del disco; una standard, contenente due dischi e una deluxe che ne conteneva invece tre.
In particolar modo il terzo disco contiene brani inediti o scartati inizialmente dalla band, oltre che alcuni missaggi monofonici e stereofonici. Insieme ai brani diverse versioni di Interstellar Overdrive e un missaggio di Matilda Mother tratto da alcune sessioni della band; infine, un missaggio di Apples and Oranges, ultimo brano scritto da Syd Barrett.