I Queen sono una delle band più importanti del panorama musicale. Le loro canzoni, pietre miliari del genere, sono conosciute perfino da chi per proprio gusto personale magari non ama molto questo gruppo. A prescindere dai gusti, infatti, i Queen sono entrati nella storia del rock. Uno dei loro album più apprezzati è sicuramente A night at the opera, che rappresentò per il gruppo una vera svolta. Finalmente liberi da contratti poco convenienti, con un vero manager al loro fianco i Queen potettero mostrare quanto valevano. Da quest’album è tratta la straordinaria Bohemian Rhapsody, ma anche le altre canzoni meritano molto. Ogni membro dei Queen ha contribuito con almeno un brano a A night at the opera e Brian May in particolare tra le altre ha scritto un brano che unisce addirittura ai Queen musica e scienza. Vediamo quale!
Brian May e l’amore per l’astrofisica
Innanzitutto, bisogna specificare che per il chitarrista dei Queen le stelle non sono solamente una passione, ma una materia su cui è altamente competente. Si è infatti laureato in fisica addirittura con lode, ha poi preso il dottorato in astrofisica che aveva lasciato per la musica. Ancora oggi si impegna moltissimo per la scienza, ha partecipato alla missione “New Horizons”, sonda spaziale della Nasa che esplora Plutone ed a questa missione ha dedicato proprio la canzone New Horizons. Già quando i Queen avevano la loro formazione originale, la grande passione e competenza di Brian May per l’astronomia si è fatta notare. Un esempio fu Long Away, tratta dall’album A Day at the Races dei Queen, uscito nel 1976 e che mostra il grande amore del chitarrista per le stelle.
I Queen tra musica e scienza: ’39
Un anno prima dell’uscita di Long away, Brian May ha composto per A night at the opera ’39, così i Queen e la scienza si sono uniti con riferimenti addirittura alla relatività di Einstein. Infatti, questa canzone racconta di un gruppo di esploratori spaziali che intraprendono un viaggio nello spazio che sembra durare un anno, almeno secondo loro. Al loro ritorno, però, si rendono conto che sono passati invece addirittura un centinaio di anni, a causa della dilatazione temporale. Come Brian May sicuramente saprebbe spiegare molto meglio, è un effetto della Teoria della relatività di Einstein. Così, quando il gruppo ritorna scopre che le persone che conoscevano sono ormai molto più vecchie se non morte, mentre gli astronauti sono rimasti gli stessi. A cantare il brano è proprio Brian May in una delle poche volte in cui nella registrazione in studio fu lui a cantare. Nei concerti dei Queen era invece Freddie Mercury ad eseguire il brano. A The Guardian May spiegò di aver composto questo brano per poter mettere qualcosa di suo e molto personale anche nel mondo della musica. Ha unito così i due ambiti che ama di più ed in cui, diciamolo, per sua fortuna eccelle.