Nell’estate del 1986, sembrò che i Queen fossero onnipotenti. Guidati dall’euforia del leggendario set tenutosi l’anno precedente al Live Aid, la band si vide, insieme al promoter Harey Goldsmith, sommersa dalle prenotazioni per le due date che si sarebbero tenute al Wembley Stadium. Due eventi con un ammontare massimo di spettatori di 35 mila persone a serata, a Newcastle e a Manchester, vennero aggiunte nel disperato tentativo di smorzare la tensione creatasi sui due concerti a Wembley; ma la manovra si rivelò inutile.
Goldsmith, infatti, ha ricordato che anche le ulteriori aggiunte finirono esaurite in sole due ore. “Decidemmo di avvalerci di un terzo show che avrebbe culminato il Magic Tour. Il concerto si sarebbe tenuto a Knebworth Park, dove avevamo una capacità massima di 120 mila spettatori. Solo nel primo giorno di prevendita, staccammo 30 mila biglietti. Sembrò che il mercato fosse infinito“, ha detto il promoter.
Ma anche le cose più belle hanno una fine e, come sappiamo; l’epilogo dei Queen non rispettò per niente l’idillio aureo che compose la loro carriera. In quel periodo, i primi dissidi interni al gruppo cominciarono ad attecchire sugli animi, di per sé stremati dai ritmi da tour dei membri della band e; sebbene Freddie Mercury avrebbe saputo solo un anno dopo di avere l’AIDS, sembrò che il cantante percepisse già che la sua vita fosse appesa ad un filo sottilissimo.
Durante un concerto a Budapest, il leggendario frontman ringraziò la platea e, prima di andare, promise che sarebbe tornato se fosse sopravvissuto. Inoltre, sembrerebbe che dopo uno screzio sorto tra John Deacon e lo stesso cantante dei Queen, Mercury avrebbe scelto di interrompere la discussione dicendo che non sarebbe rimasto in vita a lungo e che il suo tempo con loro fosse prezioso.
Il leggendario live dei Queen a Knebworth
Il Live dei Queen a Knebworth fu, l’ultimo, grande, atto dal vivo di Freddie Mercury. Oltre 120 mila persone invasero lo spazio circostante il palco. I Queen furono incendiari, ripercorrendo i loro più grandi successi con l’immancabile verve che li rese unici. Il concerto, purtroppo, non è mai stato registrato come una testimonianza ufficiale, nonostante si tratti di un punto altissimo della storia del Rock. Esiste, però, un filmato amatoriale del live in cui è possibile, nei limiti che ne concerne, vedere all’opera la mitica band.
Ma il Live dei Queen non fu solo fuochi d’artificio, le esplosioni inaspettate furono tante; forse troppe. Durante quella kermesse, John Deacon cominciò ad andare fuori controllo. Un roadie ha ricordato che, a Knebworth, il bassista distrusse il suo strumento gettandolo contro un amplificatore, anch’esso ridotto in pezzi. Un gesto assolutamente inaspettato per il più flemmatico dei Queen che, secondo le testimonianze, non aveva avuto modo di creare i presupposti per uno sfogo tanto distruttivo negli istanti antecedenti al concerto.
Al di la delle atmosfere familiari che si respiravano durante l’encore di God Save The Queen e dei ringraziamenti solenni dell’immenso Mercury, ciò che macchiò irrimediabilmente l’altrimenti splendente Live a Knebworth fu la morte di un fan appena ventunenne, calpestato fatalmente nella mischia. La calca era così fitta che impedì ai medici di soccorrere il giovane.
Freddie Mercury sapeva che fosse finita
Nel corso di un’intervista rilasciata per Guitar World, Brian May ha parlato dei momenti appena successivi al concerto, spiegando che Mercury si fosse appena fermato per i festeggiamenti dietro le quinte prima di ritornare a Londra in elicottero. “Sapevamo che sarebbe stata l’ultima volta?”, si è chiesto May durante il colloquio. “No – ha detto – Nonostante Freddie avesse detto di non poter continuare così e che non avrebbe più fatto concerti a causa dei dolori e della stanchezza. Ma Freddie era solito dire cose del genere alla fine dei tour, quindi non lo prendemmo sul serio”.
Ma negare innanzi all’evidenza divenne ben presto impossibile. Almeno in qualità di entità dal vivo, i giorni dei Queen erano finiti. Al ritorno da una vacanza in Giappone, il leader della band fu sommerso dalla stampa aggressiva che lo accusava di aver tenuto la diagnosi nascosta attraverso titoli accusatori e particolarmente aspri. Come sappiamo, sia Mercury che la band tennero nascosta la malattia fino all’ultimo e, il cantante, proseguì il suo cammino insieme ai compagni finché cantare non gli divenne materialmente impossibile.