Il 24 febbraio del 1975 veniva pubblicato, dalla rock band britannica Led Zeppelin, Physichal Graffiti.
Si tratta del sesto album in studio della band, nonchè una delle tappe fondamentali della carriera dei britannici.
In questo articolo parleremo proprio dell’album, attraverso le sei curiosità che riguardano molto da vicino Physical Graffiti.
1) L’album fu pubblicato due anni dopo il precedente Houses of the Holy. Per la prima volta, infatti, i Led Zeppelin si erano concessi una pausa. Fino al 1973 avevano pubblicato ininterrottamente quattro album, praticamente uno per anno. Per ritrovare la lucidità perduta e per non rischiare di scadere nel banale, la band decise di prendersi un anno sabbatico. Il 1973 fu un anno inattivo, musicalmente parlando. La pausa portò ai frutti sperati: Physical Graffiti è uno dei migliori album pubblicati dalla band.
2) L’album, a dire il vero, era già pronto nell’estate del 1974. Nuove otto tracce, completamente inedite, erano state affiancate a tracce precedentemente escluse da album ufficiali. Su consiglio di Peter Grant (manager della band) i Led Zeppelin avevano preparato un album doppio, che le contenesse tutte. Si perse tempo, però, per la scelta di nome, copertina e distribuzione dell’album stesso.
3) A proposito della copertina, questa rappresenta un vero e proprio esempio di genialità da parte della rock band britannica. Essa immortala un palazzo urbano.
Il palazzo è presente ai numeri 96-98 di St. Mark’s Street (a New York). Attraverso la rappresentazione di questo palazzo (sia fronte che retro) la band ha la possibilità di poter creare un condominio tutto suo, ovviamente personalizzato. E così, all’interno dello stesso troviamo celebri raffigurazioni, quadri famosi o foto particolari dei membri della band stessa. A partire da Physical Graffiti, inoltre, così come per i successivi album della band, sarà presente un angelo all’interno del disco. Si tratta della divinità greca di Apollo. Inizialmente, la critica credeva si trattasse dell’effigie di Lucifero o Icaro.
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4) L’album non fu molto apprezzato nel momento in cui uscì. Il successo fu, più che altro, successivo. La critica pesante che fu mossa a Physical Graffiti era l’eccessiva lunghezza. In effetti, l’album risentì molto delle nuove tendenze commerciali, che imponevano di creare dei prodotti diversi rispetto agli anni precedenti. L’impressione che ebbe la critica è quella di molti “riempilista” presenti all’interno dell’album. Pezzi che non avevano nulla a che fare con la natura del prodotto stesso ma che erano stati inseriti per far numero. Alcuni critici, invece, più moderati, non disdegnarono il prodotto. Successivamente, poi, l’album fu rivalutato molto per le sonorità più rudi e articolate. I Led Zeppelin raggiungono l’apice della loro aggressitività artistica.
5) Tutti i testi sono stati, ovviamente, curati e scritti da Jimmy Page e Robert Plant. Fanno, però, eccezione tre brani: in primo luogo “In My Time of Dying”. Traccia più lunga dell’album, che dura poco più di undici minuti. Il brano è stato scritto non solo dai due sopracitati ma anche da John Paul Jones e John Bonham; In The Light, invece, prima canzone del lato C di Physical Graffiti, è stata scritta da Jones insieme a Plant e Page. Del solo Page, porta, invece, la firma la traccia più breve dell’album: “Bron-Yr-Aur”. Il brano dura due minuti e sei secondi, ed è la seconda traccia del secondo disco della band. Parliamo, ovviamente, ancora una volta del lato C.
6) Qualità, importanti sonorità, importanza dei testi. Fattori certamente importanti per un album. In effetti, tutto ciò è valso, a Physical Graffiti, importanti riconoscimenti. Innanzitutto, per quanto riguarda le vendite, l’album ha ottenuto tre platini in Australia, due nel Regno Unito e sedici negli Stati Uniti. In America, infatti, ha venduto più di sedici milioni di copie. Riconoscimento postumo è stato la collocazione, da parte della rivista Rolling Stone, nella classifica dei 500 migliori album di tutti i tempi. L’album dei Led Zeppelin è entro la top 100, precisamente nella posizione numero 73.
di Bruno Santini (Nefele)