Il primo album dei Velvet Underground, Velvet Underground & Nico, è passato alla storia per una serie di elementi e caratteristiche di grande importanza. Tra questi c’è, senza dubbio, la copertina dell’album, ideata da Andy Warhol e motivo di grande successo e scandalo nel mercato musicale. La banana di Andy Warhol, così ribattezzata a seguito del grande successo della copertina del primo album della band psichedelica, è diventata un vero e proprio simbolo della band di Lou Reed: ma qual è stato il percorso che ha portato un simbolo apparentemente provocatorio e privo di significato a diventare un vero e proprio marchio di fabbrica di una formazione?
La realizzazione della copertina dell’album
La copertina dell’album Velvet Underground & Nico è, senza dubbio, uno dei simboli più importanti nella storia del rock, dalla storia notevole e dal processo evolutivo che l’ha portata a divenire tale. La collaborazione tra la band di Lou Reed e l’artista statunitense non si limitò soltanto alla realizzazione della copertina, ma si spinse anche ad altro: Warhol curò l’album, si occupò della sua produzione, indicò la figura di Nico ai Velvet Underground e fu importante per la promozione del disco.
In un primo momento, a seguito della realizzazione della copertina, era possibile sbucciare la banana presente sul disco: in assenza di qualsiasi nome che legasse alla band o all’album, e con la sola firma di Andy Warhol, l’unica scritta presente era un invito per il compratore dell’album, che avrebbe dovuto “sbucciare dolcemente e vedere”, trovandosi di fronte ad un chiaro e allusivo riferimento al pene. Benchè sembrò geniale, il macchinario provocava un innalzamento dei costi del disco che, per questo motivo, vendette poco nella sua forma originale.
L’ideale della pop art e dell’arte di consumo
Attraverso la propria realizzazione, che fu soltanto una delle tante appartenenti al canone della pop art, Andy Warhol intendeva realizzare un prodotto artistico che sfidasse i canoni della convenzionalità ma che, allo stesso, si basava sulla stessa. Fu celebre un suo commento in merito: “Una Coca Cola è sempre una Coca Cola e non c’è quantità di denaro che possa farti comprare una Coca Cola più buona di quella che l’ultimo dei poveracci si sta bevendo sul marciapiede sotto casa tua. Tutte le Coca Cola sono sempre uguali e tutte le Coca Cola sono buone. Lo sa Liz Taylor, lo sa il Presidente degli Stati Uniti, lo sa il barbone e lo sai anche tu.”
L’arte di consumo che lo statunitense promuoveva tendeva ad abolire qualsiasi canone artistico prestabilito, attraverso una nuova concezione dell’arte in grado di andare oltre tutto ciò che era stato teorizzato in secoli di evoluzione nella storia nell’arte. La pop art si unì, nel caso della copertina dei Velvet Underground, alla provocazione, tanto che – come sopraccitato – le prime copertine dell’album invitavano lo spettatore a sbucciare dolcemente il frutto. Fu sicuramente un metodo vincente, che portò l’album a essere conosciuto e ad acquisire un’identità con cui, ancora oggi, è connesso.