Sin dagli albori, il Metal si è affermato sulle scene come un genere travolgente, dai tratti particolarmente impegnati e le sonorità aggressive. All’alba degli anni ’70, il genere cominciò a prendere forma, con la prerogativa di esprimere tematiche delicate, considerate tabù per la maggior parte degli artisti che annoveravano in panorama e; i cui brani, sarebbero dovuti essere destinati ad una nicchia pressoché ristretta di appassionati. Il senno di poi ha visto gli artisti di maggior spicco sulla scena Metal irrompere in vetta alle classifiche di vendite internazionali, rendendo il genere un fenomeno di massa attraverso uno spettro sonoro ricercato ed un approccio tanto eclettico quanto catchy.
Viste le straordinarie premesse, anche i meno avvezzi, ormai, sanno quanto importanti il Metal ed i suoi principali fautori possano essere stati per l’industria musicale contemporanea. A rimarcare i concetti sopracitati, di recente, è sopraggiunta Gibson. L’iconica azienda di chitarre, i cui modelli, hanno ampiamente contribuito ad ispirare i grandi nomi della musica moderna. La casa statunitense ha stilato, infatti, una lunga classifica nella quale sono racchiuse alcune delle canzoni Metal più importanti nella storia del genere; a loro dire fondamentali per tracciarne un identikit dettagliato. In questa classifica, abbiamo raccolto alcune tra le migliori canzoni Metal della storia secondo Gibson.
5) Metallica – Master Of Puppets
Tratta dall’omonimo album del 1986 dei Metallica, Master Of Puppets rappresenta una pietra miliare straordinaria nella storia del Metal. Non si parla, di certo, di una preferenza casuale da parte di Gibson. I Metallica sono tra le band più influenti nella storia della musica contemporanea; avendo contribuito in ampia misura a portare il genere alle masse. Master Of Puppets, di per sé, è un brano dal climax feroce, il cui testo tratta dell’abuso di sostanze stupefacenti e delle tragedie che ne conseguono.
4) Judas Priest – Breaking The Law
Pubblicata nel 1980 come secondo estratto di British Steel. Breaking The Law è, sicuramente, il brano più famoso della leggendaria band di Rob Halford. Il riff che domina la strumentale è dei più evocativi; continuando ad affascinare centinaia di potenziali appassionati attraverso il suo sound crudo e brutale. Breaking The Law dei Judas Priest è una delle canzoni Metal migliori di tutti i tempi, non solo secondo Gibson; essendo questa, probabilmente, l’opinione unanime di pubblico, addetti ai lavori e musicisti stessi.
3) Pantera – Walk
Walk è una canzone potentissima. Una scarica di adrenalina allo stato puro che ha permesso ai membri dei Pantera di consacrare i propri nomi all’eternità. Per quanto il riff di chitarra possa essere celeberrimo, infatti, un orecchio attento denota sin dal primo ascolto il profondo apporto della batteria di Vinnie Paul e; su tutti, il timbro feroce dell’impressionante interpretazione di Phil Anselmo. Tratta da Vulgar Display Of Power del 1992, Walk è una traccia fondamentale per tessere un mosaico dettagliato della storia del Metal.
2) Dio – Holy Diver
Tratta dall’omonimo album che sancì uno dei debutti solisti più gloriosi sul panorama Metal Classico, Holy Diver è uno dei brani che ha maggiormente ispirato gli artisti che annoverano le più brillanti scene moderne, spingendo il proprio impatto ben oltre il Metal. Quando Ronnie James Dio pubblicò il suo album di debutto con l’omonima band, egli era già un frontman affermato; forte di alcune straordinarie collaborazioni con i mostri sacri del Metal e dell’Hard Rock. Sin dal suo debutto, però, Dio ebbe modo di scolpire il proprio nome nella leggenda, permettendo al suo lascito inestimabile di echeggiare attraverso intere generazioni, divenendo eterno.
1) Black Sabbath – Paranoid
Tratta dall’omonimo album del 1970, con Paranoid i Black Sabbath affermarono definitivamente il loro status di padri dell’Heavy Metal. Il brano divenne immediatamente un distruttore di classifiche assoluto; rendendo i Black Sabbath iconici. La storia di Paranoid, però, è delle più singolari. Il brano, infatti, venne concepito come riempitivo per un disco praticamente finito, che aveva bisogno di un’ultima traccia per essere pubblicato. Per lungo tempo, Tony Iommi detestò il pezzo, sebbene sul lungo periodo si sia visto costretto dalle circostanze ad ammetterne la validità e, soprattutto, il fortissimo contributo che ha avuto sulla reputazione della band.