Leader dei Doors e indiscussa mina vagante, simbolo della controcultura sovversiva degli anni ’60; parliamo ovviamente di Jim Morrison. Forse non tutti sanno, però, che lo storico frontman, ha sempre coltivato una sfrenata passione per la lettura che l’ha portato, nel corso degli anni, ad accrescere uno smisurato senso artistico ed un’affezione quasi catartica con alcuni autori suoi contemporanei. Dal Romanticismo alla filosofia di Nietsche, Il giovane Jim ha saputo rimanere affascinato dalle migliaia di sfumature presenti nei testi, al punto da sviluppare un legame fortissimo con la pratica della lettura; più volte promulgata dal cantante nel corso di interviste ed apparizioni pubbliche.
La lettura entra nel cuore di Jim Morrison durante il periodo dell’adolescenza; quando, davanti ai contesti alienanti e consumisti cui l’America era ormai relegata, il giovane seppe subito identificarsi, evitando processi omologanti e perplimenti. Il sovversivismo che contraddistinse quell’epoca, trovò manifesto nella Beat-Generation e negli autori attribuiti alla corrente suddetta. Gli scritti di Kerouac e Ferlinghetti, in particolare, colpirono Jim al punto da spingerlo a frequentare i luoghi citati dagli autori nei testi.
L’influenza di Ferlinghetti nelle opere di Jim Morrison
È il 1953 quando Lawrence Ferlinghetti fonda la “City Lights”, celebre libreria e casa editrice. Trattasi di un punto di ritrovo in cui i giovani incompresi e “rifiutati” dalla società ormai lobotomizzata dai tratti canonici delle istituzioni possono dare libero sfogo al proprio estro.
Un luogo in cui poter promuovere tutti gli ideali che contraddistinguono gli anni del beat senza provare timore per il giudizio altrui. L’atto di libertà di Ferlinghetti, tuttavia, porta conseguenze abbastanza gravi nella sua vita, tra cui il carcere, per oscenità dopo la pubblicazione dell’ “Urlo” di Ginsberg, avvicinando la sua storia a quella di Jim Morrison.
Il complesso di ideali con cui Ferlinghetti definisce la poesia colpisce il giovane Jim, al punto da influenzare totalmente la sua opera. Il concetto di libertà, misto all’oralità primaria con la quale l’autore spinge le sue composizioni al di là delle aule e della carta stampata, destano in Morrison la scintilla creativa con cui è divenuto eterno.
La scrittura di Jim Morrison narra la tragicomicità della strada, versi sciolti accompagnati da tempi quasi jazzistici hanno distinto l’opera dei Doors negli anni. Jim vuole trasmettere estasi e passione con i suoi brani, poesia, teatro ed eclettismo collimano in un tripudio di emozioni contrastanti.
L’incontro tra Morrison e Ferlinghetti
Nonostante la popolarità riscontrata dai Doors all’epoca, l’animo tormentato di Jim Morrison, porta il giovane a non sentirsi mai all’altezza degli autori a cui deve il suo modo particolare di scrivere i testi. Egli arriva a reputare la sua fama ingiusta, in funzione dell’apporto di queste persone che; lo stesso Morrison, definisce “semi-sconosciute” nell’opera compositiva dei Doors.
La fama e il successo della band, porteranno Jim Morrison ad incontrarsi con molti degli autori della corrente del Beat, soprattutto nel corso di concerti e manifestazioni culturali. L’incontro con Lawrence Ferlinghetti, capostipite saldo nella mente del giovane Jim e, fautore principale del suo stile compositivo avviene; però, all’interno della City Lights, al tramonto degli anni ’50. Il giovane Jim; all’epoca molto introverso, annientato dalla visione del suo mito, riesce solo a sollevare la mano in segno di saluto e, alla risposta dell’autore, egli fugge in preda al panico senza fare mai più ritorno in quel magico luogo in cui estro e passione collidevano perfettamente.