Nel 1990, una band giovane ed irruenta, di nome Green Day, cominciò a destare non poco clamore nella scena Punk underground statunitense. L’uscita del loro strabiliante secondo album, Kerplunk, conferì una discreta notorietà alla band. I Green Day cominciarono ad attirare l’attenzione di produttori e case discografiche di fama internazionale. Nel corso di un’intervista, il Frontman dei Green Day, Billie Joe Armstrong disse: “Eravamo arrivati ad un punto in cui Kerplunk stava prendendo la sua strada e cominciavamo ad organizzare i nostri tour. Avevamo già firmato con la Lookout che, per me, rappresentava il punto più alto per un artista indipendente. Per cui, non avevamo intenzione di passare ad un’etichetta ancor più autorevole. Poi decidemmo di voltare pagina e di concedere una possibilità alle offerte che, intanto, iniziarono a fioccare”.
I Green Day erano ufficialmente alla ricerca di una nuova casa discografica quando, alla loro porta, bussò il produttore Rob Cavallo che, al tempo, rappresentava la Reprise Records. Il gruppo conosceva i lavori di Cavallo, soprattutto con gruppi come i The Muffs, spingendoli, quindi, in direzione della Reprise. “Rob aveva lavorato coi The Muffs. Fu un ottimo disco. Sapevamo che avremmo potuto ricercare qualsiasi suono, anche dei più particolari e Rob avrebbe capito da subito che tipo di chitarre stessimo cercando o come avrebbe dovuto suonare la batteria per rendere meglio nel brano”.
La storia di Dookie, l’album che rese i Green Day un fenomeno Pop
All’epoca, i ragazzi della band erano giovani. I Green Day rappresentavano il desiderio di poter esprimere rabbia e repulsione, tipica nei giovani adolescenti, nei confronti del mondo, attraverso la musica, nonostante, gli anni d’oro del Punk fossero un ricordo. Firmare con una Major significò toccare un punto di non ritorno per i membri del gruppo.
Billie Joe Armstrong ha ricordato uno stato d’ansia fortemente rimarcato nel clima della band, alla vigilia dell’inizio delle sessioni d’incisione per Dookie. “Avevamo sentito parlare di band che venivano costrette a cambiare genere. Pensavamo che i produttori ci avrebbero intimato di modificare il nostro sound. Avevamo messo da parte dei soldi nel caso in cui avessimo deciso di non proseguire, potendo comunque pagare i nostri rispettivi affitti. Partivamo col terrore di perdere i nostri risparmi nel tentativo di diventare famosi o, che i soldi guadagnati potessero non bastare“.
Nel frattempo, il fatto che i Green Day avessero firmato con la Warner Brothers destò il malcontento generale nella scena Punk Underground in cui il gruppo era solere suonare. Billie Joe Armstrong ha ricordato che, in occasione dell’ultimo concerto tenuto dal gruppo nel locale in cui si esibivano abitualmente, il 924 di Gilman Street, nessuno arrivò a vederli. Sembra che la band sia stata bandita dal locale poco tempo dopo.
Dookie segna una svolta per la band
Il 1 Febbraio del 1994, i Green Day pubblicarono Dookie, l’album che consacrò la band alla storia, lanciando la loro carriera in orbita. Dookie è un disco dalle inflessioni chiaramente Pop. Brani come Basket Case e When I Come Around vengono percepiti sin dal primo ascolto come grimaldelli per scardinare le classifiche di tutto il mondo. L’opera di Dookie va apprezzata nel contesto. Un inno alla libertà d’espressione. La stessa libertà che, potremmo altresì, definire come la scelleratezza di tre ragazzi da soli contro il mondo.
Nonostante il tentativo di sperimentare sia quasi nullo, se non per i suoni; soprattutto per le tematiche affrontate che, in linea generale, risultano abbastanza reiterativi. Alcuni tentativi apprezzabili di separazioni dalle basi suddette si potrebbe percepire in brani come She e Longview, in cui il tappeto ritmico fornito da basso e batteria, fa da sfondo alla voce di Billie Joe Armstrong che, nonostante la rabbia infusa dall’incisività esplosiva di cui i suoi riff di chitarra sono costituiti, risulta, comunque rilassata e relativamente flebile. Dookie rappresentò un punto di svolta per i Green Day che, al di la delle conseguenze, hanno dato prova di aver saputo cavalcare l’onda del successo senza rimanerne travolti.