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Le cinque migliori Ballad Rock degli anni ’90

Negli anni ’90, il panorama socioculturale e la scena musicale subirono un cambiamento radicale. Nel decennio precedente, imperversarono in tutto il mondo le correnti Hair e Glam che, attraverso sound di stampo prettamente mainstream e, tramite la trattazione di tematiche incentrate principalmente sull’easy listening; gettarono il Rock e il Metal, in particolare; nello spettro più commerciale della musica.

All’alba dei ’90, però, tutto cambiò. L’affermarsi della rivoluzione sonica del Grunge destò lo splendore degli anni d’oro dei generi sopracitati; rivestendoli del lustro che gli fu provvidenziale per risvegliare i massimi esponenti del Rock e di tutti le sue appendici, per dare luogo a brani che; ancora una volta, rispecchiassero le condizioni emotive degli ascoltatori e affrontassero argomenti delicati senza remore alcuna.

Sebbene gli anni ’80 siano stati il decennio del sentimento amoroso e della passione carnale esaltata attraverso chitarre poderose e ritmiche feroci; negli anni ’90, vennero ridefiniti anche gli asserti compositivi dei musicisti che si ponevano di scrivere d’amore; dando gli albori a meravigliose ballad che, ancora oggi, riecheggiano nel cuore di chi ascolta, eludendo l’inesorabilità del tempo. In questa classifica, abbiamo raccolto le migliori ballate Rock scritte nell’ultimo decennio del XX secolo che sono rimaste impresse nell’immaginario collettivo come pietre miliari della storia musicale moderna.

5) Pearl Jam – Black

Ciò che nella scena Rock anni ’90 non è mai mancato, di certo, è il carico emotivo. I Pearl Jam furono tra i massimi esponenti della corrente e, ad oggi, ne sono un simbolo. Black rappresenta il manifesto amoroso e melanconico per eccellenza. La dimostrazione archetipica del tormento interiore trasposto in musica dagli artisti negli anni ’90. In Black, Eddie Vedder non si limita a narrare del suo amore burrascoso e, presumibilmente, non ricambiato. Il cantante, infatti, interpreta con disarmante sincerità il testo del brano; mostrandosi indifeso innanzi ai crudeli scherzi del fato, accettando, rassegnato, le scelte dell’amata, augurandole una vita meravigliosa e, auspicando che, questa, sia al suo fianco.

4) Metallica – Nothing Else Matters

All’inizio degli anni ’90, nemmeno gli appassionati più legati alla band si aspettavano una ballata da parte loro. Reduci da una scarica infernale di Thrash Metal che li aveva già consacrati all’eterno, i Metallica optarono per un ritorno alle origini, spogliandosi dello sperimentalismo di cui il lavoro precedente era madido. Nothing Else Matters nacque dalla chitarra di James Hetfield, da accordi semplici ripetuti all’infinito, sui quali dolci parole d’amore scorsero copiose; come una viscerale dichiarazione da parte dell’autore, straziato dalla lontananza dall’amata durante i lunghi tour cui la band era soggetta.

3) Green Day – Good Riddance

La fine del decennio segnò la carriera dei Green Day definitivamente. La band di Billie Joe Armstrong, reduce dal successo di Dookie, subì totale denigrazione da parte del panorama Underground da cui provenivano, a causa delle inflessioni Pop tipiche del loro iconico sound. I Green Day, però non cedettero alla pressione, rilasciando una delle più belle ballate Rock mai scritte. Inizialmente concepita come un esercizio solista di Billie Joe Armstrong, accompagnato dalla sola chitarra, la canzone venne adornata in fase di missaggio da una sezione di archi che rende ancora più solenni e genuine le atmosfere di Good Riddance.

2) Guns N’Roses – November Rain

Una ballad potentissima divenuta un caposaldo del Rock e un cavallo di battaglia della band dal vivo. Pur provenendo dalle scene diametralmente opposte degli anni ’80, i Guns N’Roses seppero esercitare, ancora una volta, la loro egemonia sul panorama internazionale, grazie ad un brano che, col senno di poi, si è affermato come manifesto Rock dell’amore perduto. Chiaramente ispirato dalle composizioni di cantautori come Elton John, Axl Rose scrisse la canzone stendendo il testo sul tappeto melodico meravigliosamente delicato del suo pianoforte, pur non disdegnando un territorio relativamente più aggressivo nel crescendo del bridge, che fa da preludio all’iconico assolo di Slash.

1) R.E.M. – Everybody Hurts

La band di Michael Stipe inaugurò il decennio attraverso alcuni dei suoi lavori migliori. Everybody Hurts è una ballata struggente che, a quanto pare, non aveva il solo scopo di parlare d’amore come gran parte delle produzioni appartenenti a quello stampo. Everybody Hurts, infatti, è intrisa da un alone di malinconia sconcertante. Attraverso un’ode al sentimento per eccellenza, Stipe cerca di sensibilizzare l’opinione pubblica riguardo l’instabilità mentale e le forme più gravi di depressione che, il più delle volte, culminano in tendenze suicide gravemente radicate. L’interpretazione di Stipe è intensa e si contrappone all’introduzione in maggiore della strumentale, fornendo al brano un’aura di purezza emotiva sincera quanto desolante.

 

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