Brian May è uno dei chitarristi più stimati al mondo, avendo dato nel corso degli ultimi cinquant’anni prova della sua estrema bravura registrando ed esibendosi con una delle rock band più amate e di successo di sempre: i Queen. Il compositore di “We Will Rock You” si è espresso nuovamente a proposito di un’altra leggenda delle sei corde: Eddie Van Halen, tragicamente scomparso pochi mesi fa, sconvolgendo l’universo musicale. May ha parlato del loro rapporto e di Van Halen come chitarrista nel corso di un’intervista rilasciata a “Total Guitar”.
Brian May: “Eddie era il migliore”
“Era il migliore”, ha esordito Brian May. “Non c’era nessuno che potesse eguagliarlo, nessuno che potesse avvicinarsi. Non ci sarà mai un altro di lui. Non ho ancora elaborato l’accaduto. Quando ci penso, ricevo una sorta di shock fisico. Mi ha davvero spezzato il cuore.”. I due si conoscevano da molto tempo. Il primo incontro risale alla fine degli anni ’70, quando Brian era già una star importante con i Queen, ed Eddie era il nuovo ragazzo da tenere d’occhio. Le sue esibizioni esplosive sul primo album dei Van Halen lo contrassegnavano come la figura più rivoluzionaria nell’approccio alla chitarra dai tempi di Hendrix.
La collaborazione tra Brian May ed Eddie Van Halen
I due avevano molto in comune, ad iniziare dalle loro chitarre costruite con le proprie mani: la ”Red Special” di Brian e la “Frankenstein” di Eddie. Nel 1983, la loro stretta amicizia li portò a collaborare per un’impresa unica: lo “Star Fleet Project”, un mini-album di tre tracce attribuito a Brian May & Friends. Come ricorda Brian: “Un paio di giorni dopo aver sentito la notizia di Eddie, sono tornato ad ascoltare “Star Fleet”. Ho iniziato a rivivere tutte le sensazioni che provavo quando eravamo in studio a registrarlo, e mi ha fatto sentire un po’ meglio.”.
Come nacque la collaborazione
Brian May ha anche parlato di come venne concepito questo progetto. “Non fu concepito intenzionalmente o con premeditazione. Ai tempi vivevo a Los Angeles. I Queen si erano presi una pausa e per qualche motivo mi sono sempre sentito una persona diversa a LA. Sono naturalmente piuttosto timido e ritirato, ma a LA sento di poter chiamare le persone. E una mattina ho pensato, “perché non chiamo Eddie Van Halen? Forse potremmo fare qualcosa insieme.”. Così ho chiamato ed Eddie che mi chiese cosa volessi fare ed io risposi che avevo un’idea in testa. All’epoca io figlio stava guardando questa serie di fantascienza e pensavo che sarebbe stato un bel punto di partenza da sviluppare.”.
L’atmosfera fantastica in studio
L’atmosfera in studio era fantastica. “Ci siamo seduti e sorridendo ci siamo detti: “Sì, questo è divertente!”. Penso che fossimo entrambi arrivati al punto in cui avevamo lavorato duramente in studio con le nostre rispettive band ed era quasi diventato un lavoro, una routine, che non ci stimolava più. Ovviamente amavamo tutti la musica, ma ci sono momenti in cui senti la pressione in studio. Questo caso era diverso: eravamo tutti amici e qualunque cosa accadesse sarebbe stato un bonus. Eravamo tutti pieni di gioia!.”.