Torniamo oggi a parlare di uno dei più grandi successi dei Pink Floyd e della storia della musica in generale: The Dark Side of The Moon. Il disco del tempo, della morte, del denaro, dell’alienazione mentale, della follia. Il concept album per eccellenza.
Quando nel 1972 Roger Waters propose ai Floyd di creare un album basato su un unico tema, furono tutti d’accordo. Waters cominciò a registrare le prime demo nella sua casa a Islington -in un piccolo studio di registrazione- mentre alcune sezioni dei nuovi pezzi erano estratti da brani inutilizzati in passato (uno su tutti l’intro di Breathe).
Le prime prove avvennero in un magazzino londinese di proprietà dei Rolling Stones e poi nel famigerato Rainbow Theatre. Per l’occasione i Floyd furono anche costretti a comprare del nuovo materiale: amplificatori, cassette, un mixer e via dicendo (per un totale di 3 camion che trasportavano avanti e indietro l’attrezzatura).
Per quanto riguarda il nome dell’album, la band pensò di chiamarlo “The Dark Side of The Moon“, con un chiaro richiamo alla follia piuttosto che all’astronomia. Il gruppo si accorse però che quel nome era già stato usato da qualche altra band (i Medicine Head) e furono costretti a cambiarlo in “Eclipse“.
L’album Eclipse fu presentato proprio il 20 gennaio del 1972 ma, visto lo scarsissimo successo, i Pink Floyd decisero di ripiegare ancora una volta sul titolo iniziale.