Spavaldi e fuori dagli schemi, i Motorhead hanno scolpito il proprio nome nella leggenda attraverso la loro famigerata reputazione di sovvertitori del sistema e dell’industria musicale. Sonorità aggressive e pesantissime si sposavano alla perfezione con l’attitudine indomita che i membri del gruppo perpetuavano dentro e fuori dal palco. A dispetto di queste premesse, decisamente singolari, i Motorhead sono stati un gruppo amatissimo e; oggi, vengono considerati come colonne portanti del Rock e del Metal, estendendo la loro influenza ben oltre il loro genere d’appartenenza. Date le circostanze, pare chiaro che, la morte del loro iconico frontman, Lemmy Kilmister, abbia destato in un profondo stato di shock non solo gli altri componenti della band, ma anche i milioni di fan che raccoglievano in giro per il mondo. Ma come avrebbe reagito il feroce frontman dei Motorhead, Lemmy alla pandemia da COVID-19? A rispondere a questa, Phli Campbell, ex chitarrista del gruppo.
Come avrebbero reagito Lemmy e i Motorhead alla pandemia?
Nel corso di una nuova intervista rilasciata a Classic Rock, Phil Campbell, attuale capitano della band Phil Campbell & The Bastard Sons, ha condiviso la sua opinione riguardo il modo con cui Lemmy ed i Motorhead avrebbero affrontato la pandemia. Durante il colloquio, il chitarrista ha rivelato che, probabilmente, il frontman avrebbe agito con imprudenza in un primo momento, portando avanti i live e il lavoro in studio. Successivamente, però, secondo Campbell, Lemmy avrebbe realizzato il reale pericolo a cui avrebbe sottoposto la band, i fan e, soprattutto, sé stesso.
Dopodiché, il chitarrista ha aggiunto: “Non penso che sarebbe voluto andare in tour. Era abbastanza pigro. A Lemmy piaceva stare a casa quando poteva, andare al Rainbow, il suo bar preferito di Los Angeles e trascorrere intere giornate in questo modo. Tra le cose che avrebbero destato il suo disappunto, ci sarebbe sicuramente stato il modo dei governi mondiali di affrontare l’emergenza sanitaria e di elargire le adeguate guide comportamentali. Credo che sarebbe rimasto deluso dai leader inglesi, soprattutto, e che li avrebbe definiti degli egoisti”.
Alla fine, a Campbell è stato chiesto se, nel periodo del suo compleanno, in dicembre, gli capitasse di pensare di più a lui. La risposta del chitarrista è stata particolarmente sincera: “No, penso a lui praticamente ogni giorno. Essere sul palco o nel bus on the road, svegliarsi di soprassalto alle 5 del mattino e scoprire che Lem fosse già sveglio. Lui è sempre tra i miei pensieri, gira nella mia testa, custodito da qualche parte”.