Giorgio Gaber è stato un cantante italiano senza precedenti e che difficilmente avrà degni eredi. Si è cimentato inizialmente nella musica leggera, per poi sfociare in un nuovo genere, il Teatro Canzone. A questo genere appartengono contenuti impegnati con un’atmosfera tuttavia goliardica e ironica che non li ha mai resi pesanti nemmeno per le orecchie del pubblico profano. Spesso il cantautore si è scagliato contro l’ipocrisia, la mancanza di ideali ed il malcostume italiano. A volte con sarcasmo e satira abilissimi, altre con amarezza ma sempre profonda consapevolezza ha descritto la società con riflessioni che risultano ancora oggi attualissime. Oggi parleremo in particolar modo di Il grido, che Giorgio Gaber pubblicò per la prima volta nel 1998.
Il significato di Un’idiozia conquistata a fatica
Fin dal titolo dello spettacolo teatrale, Un’idiozia conquistata a fatica, possiamo avere un’idea della verve che accompagnava la filosofia alla base della musica di Gaber, che ricordiamo ha sempre collaborato peraltro con Sandro Luporini (che curò la stesura dei testi in particolar modo). Lo spettacolo teatrale, che come di consueto diventa poi album realizzato con una registrazione dal vivo dello stesso, ci mostra tra le tante cose la superficialità che ha preso piede nel mondo. Oramai abbiamo conquistato una certa idiozia e con molta fatica nel senso che ci siamo fin troppo impegnati per farlo. La critica è pungente, ci fa ridere anche in certi momenti ed in certi brani, ma sempre con alla base una profonda riflessione.
Giorgio Gaber e Il grido: i “giovani normali”
Uno degli ultimi lavori di Gaber sarà proprio La mia generazione ha perso, album in studio che riflette sul malcostume della società, ma anche sulla differenza tra la generazione delle ribellioni e quella più “passiva” di oggi. Emblema di questo modo di pensare gaberiano è La razza in estinzione, uno sfogo molto acceso contro la decadenza dei costumi italiani. Prima di ciò, Sandro Luporini e Giorgio Gaber scrissero Il grido. Fa parte di Un’idiozia conquistata a fatica e venne poi inserita nella raccolta postuma Con tutta la rabbia, con tutto l’amore. Il titolo di quest’ultima evidenzia bene lo scopo di tale brano. Una canzone più che arrabbiata amareggiata, nei confronti della nuova generazione. I giovani d’oggi, si spiega nel brano, sono privi di ideali e di ambizioni vere. Anche quando provano a fare qualcosa, a ribellarsi, non hanno davvero consapevolezza. Da qui la bellissima metafora del ritornello:”Come se fosse un grido, in cerca di una bocca”. Gaber li chiama “giovani normali”, ma non per questo vuole con ciò fare solamente una “pars destruens”, demolirli e basta. Il testo è un chiaro ammonimento che dovrebbe servire da ispirazione. E noi tutti sappiamo che continua a farlo.