Come spesso abbiamo avuto modo di sottolineare, Alice Cooper è stato protagonista di una serie di follie e pazzie che, in più occasioni, abbiamo voluto annoverare all’interno delle nostre pubblicazioni. Lo stesso statunitense ha, però, sottolineato il fatto che molte delle narrazioni che si sono sviluppate a proposito della sua figura, così come nel caso di Ozzy Osbourne o Keith Moon, siano frutto di un atteggiamento prettamente giornalistico, che tenta di gonfiare avvenimenti del passato o di aggiungere delle caratterizzazioni piuttosto romanzate alle storie che si conoscono. Tutto ciò ci serve a spiegare quello che è stato un avvenimento piuttosto particolare, raccontato adesso Alice Cooper e di cui, a dire il vero, non possiamo avere certezza. Stiamo parlando di quella volta che Elvis Presley chiese ad Alice Cooper di puntargli gli una pistola alla testa, trovandosi all’interno di un hotel. Ecco tutto ciò che c’è da sapere a proposito di questo racconto.
Le dichiarazioni di Alice Cooper su Elvis Presley e sulla pistola puntata alla testa
A proposito di quella materia che vi abbiamo precedentemente sottolineato, vale la pena approfondire quale sia stato il momento che ha portato Elvis Presley a chiedere espressamente ad Alice Cooper di puntargli una pistola alla testa. Il tutto è stato realizzato in modo abbastanza scherzoso dal cantante statunitense, che ha condotto il suo collega all’interno di un hotel a Las Vegas, raggiungendo la cucina che era ricca di armi; Elvis Presley ha chiesto espressamente ad Alice Cooper di puntargli una pistola alla testa non perché desiderasse morire, ma perché voleva dimostrare al suo collega quali fossero stati gli effetti di un addestramento militare che l’aveva portato a raggiungere meccanismi di difesa ottimali. In effetti, come raccontato dallo stesso Alice Cooper, la pistola gli è stata tolta di mano in una frazione di secondo, senza che potesse accorgersene.
Ecco quali sono state le dichiarazioni di Alice Cooper a proposito: “Quando siamo entrati il posto era pieno di pistole. Elvis mi ha portato in cucina, ha aperto un cassetto ed ha tirato fuori una pistola carica, dicendomi di puntargliela alla testa. Non sapevo cosa fare. Avevo questa pistola in mano e mi aspettavo che uno dei suoi agenti di sicurezza arrivasse da un momento all’altro, mi vedesse con un’arma e mi sparasse a morte. Una vocina nel mio orecchio sinistro mi diceva: “Dai, uccidilo, sarai sempre il ragazzo che ha ucciso Elvis”. Nell’altro mio orecchio c’era un’altra voce che diceva: “Non puoi ucciderlo, è Elvis Presley, feriscilo invece, avrai solo pochi anni!” […] Una frazione di secondo dopo Elvis ha dato un calcio volante alla pistola, e l’ha fatta volare, prima di farmi inciampare e inchiodarmi a terra per il collo, annunciando: ‘È così che si ferma un uomo con una pistola’.