I Pink Floyd sono una band fondamentale per la storia della musica contemporanea. Il loro profondissimo apporto sulle scene, continua ad essere tangibile, essendo ancora annoverati tra i principali ispiratori dei massimi esponenti dei panorami più moderni ed impegnati. Lo slancio visionario dei Pink Floyd gli permise di affermarsi come i fautori di una delle rivoluzioni più eclettiche nel mondo del Rock; parliamo di quella del Progressive, genere dalle sfumature istrioniche; rivestito d’ulteriore brillantezza grazie all’avvento dei Pink Floyd.
Il nono album in studio della band, Wish You Were Here, venne pubblicato nel 1975 e fu registrato a più riprese nei famosissimi Abbey Road Studios di Londra. Il disco, viene considerato, ormai all’unanimità, come il tributo dei Pink Floyd all’amico ed ex compagno di band Syd Barrett. Wish You Were Here esplica i temi dell’assenza e dell’ipocrisia dell’industria musicale, soffermandosi in diverse occasioni sul declino mentale dell’ex chitarrista e frontman del gruppo.
Oggi, Wish You Were Here rappresenta una pietra miliare della musica moderna, venendo acclamato come uno dei capolavori più evocativi dei Pink Floyd. Il disco appare, ormai, perfetto sotto ogni aspetto; dagli artwork alle composizioni dall’elevatissima caratura lirica e strumentale. Viste le premesse, pare chiaro che il nono album dei Pink Floyd sia uno di quelli su cui le curiosità dei fan siano più incentrate. In quest’articolo, abbiamo raccolto alcune rivelazioni fatte da David Gilmour su Wish You Were Here e la sua creazione.
Le parole di David Gilmour su Wish You Were Here
Nel corso di un’intervista che David Gilmour ha rilasciato a Paul Rappaport nel 2011, il leggendario chitarrista dei Pink Floyd è sceso nei dettagli delle fasi antecedenti alla creazione di Wish You Were Here. Il giornalista ha raggiunto la leggenda dei Pink Floyd sulla celeberrima casa/studio galleggiante Astoria, chiedendogli del mood del gruppo dopo la pubblicazione di The Dark Side Of The Moon. In particolare, Rappaport ha pensato che la band si sentisse inarrestabile dopo aver conquistato il successo internazionale con l’album del 1973 e che Wish You Were Here sia nato a partire dall’irrefrenabile impeto creativo scaturito dallo status immenso percepito dai membri del gruppo.
David Gilmour ha immediatamente contraddetto la tesi del giornalista, rivelando: “Per molto tempo non abbiamo avuto idea di cosa stessimo facendo. Brancolavamo nel buio cercando di trovare un’idea per andare avanti. Questo senso di dispersione ci aiutò a creare il climax generale di Shine On You Crazy Diamond“. Il chitarrista ha, quindi, spiegato che l’inizio della composizione di Wish You Were Here sia stato particolarmente arduo e che la scintilla per il disco sia arrivata dopo aver composto Shine On You Crazy Diamond. “Abbiamo lavorato in una sala prove minuscola a Kings Cross – ha continuato – Da quella sessione nacquero Shine On, Dogs e Sheep. Avrei voluto usarle per Wish You Were Here, ma Roger decise di accantonarle fino ad Animals e la sua intuizione si rivelò corretta come molte altre“.
Com’è nata la Title Track?
Prima di parlare del processo creativo che portò David Gilmour a comporre l’iconico riff d’apertura di Wish You Were Here, il chitarrista ha parlato dei cambiamenti da cui il gruppo fu travolto quando salì sul tetto del mondo con The Dark Side Of The Moon. In particolare, la leggenda della sei corde ha rivelato che le speculazioni intorno ai Pink Floyd fossero così forti da diventare frustranti. Spostandosi ancora sull’aspetto musicale, Gilmour si è soffermato sulla fervida immaginazione che portò la band a costruire rumori ambientali nei propri brani attraverso i sintetizzatori nelle fasi di mixaggio.
Riguardo la Title Track dell’album, Gilmour ha detto: “Avevo da poco comprato una chitarra acustica a 12 corde. Cominciai a strimpellare nella stanza numero 3 di Abbey Road e, improvvisamente, Wish You Were Here prese forma. Anche Shine On è nata allo stesso modo. Suonavo il riff a ripetizione finché non riuscivo a sviluppare un brano intero a partire da esso. Quando lo sottoposi ai ragazzi ero un po’nervoso, ma finirono per apprezzarlo”.