Fabrizio De André ha usato sempre un linguaggio particolare nelle sue canzoni. La peculiarità dei testi consiste nello stile ricercato, che ha fatto definire il cantautore spesso un poeta anche per l’attenzione meticolosa alla metrica. Tuttavia, non unicamente, ma anche nella lingua stessa. De André utilizzò spesso il dialetto nei suoi brani, ad esempio il genovese. Poco usato nelle canzoni della musica leggera a dispetto, invece, del napoletano che come sappiamo è molto diffuso. Uno dei suoi brani più famosi di Fabrizio De André in dialetto è Don Raffaè, che è cantata proprio in napoletano ed è una delle più conosciute in generale del cantautore genovese, anche grazie alla musica orecchiabile.
L’album Le Nuvole
Fabrizio De André aveva già cantato in napoletano per la canzone Avventura a Durango del 1978. Anni dopo, nel 1990, esce l’album Le nuvole. Il titolo e concezione trovano la principale ispirazione nella commedia greca ed in particolare quella di Aristofane. In un intervista con Giancarlo Susanna, De André disse:
Le Nuvole, per l’aristocratico Aristofane, erano quei cattivi consiglieri, secondo lui, che insegnavano ai giovani a contestare; in particolare Aristofane ce l’aveva con i sofisti che indicavano alle nuove generazioni un nuovo tipo di atteggiamento mentale e comportamentale sicuramente innovativo e provocatorio nei confronti del governo conservatore dell’Atene di quei tempi. La Nuvola più pericolosa, sempre secondo Aristofane, era Socrate, che lui ha la sfacciataggine di mettere in mezzo ai sofisti. Ma a parte questo, e a parte il fatto che comunque Aristofane fu un grande artista e quindi inconsapevolmente un grande innovatore egli stesso, le mie Nuvole sono invece da intendersi come quei personaggi ingombranti e incombenti nella nostra vita sociale, politica ed economica; sono tutti coloro che hanno terrore del nuovo perché il nuovo potrebbe sovvertire le loro posizioni di potere. Nella seconda parte dell’album, si muove il popolo, che quelle Nuvole subisce senza dare peraltro nessun evidente segno di protesta.
La storia di Don Raffaè
Nell’album sono presenti vari elementi dialettali, riprendendo quindi quanto già fatto nel disco che la precedeva, Crêuza de mä, dove si usava il dialetto ligure. Qui vi sono due canzoni in quel dialetto: Mégu megún e ‘Â çímma. Troviamo anche un brano in napoletano: Don Raffaè. Si ispira a ‘O cafè di Domenico Modugno soprattutto nel ritornello, in generale però ha una storia diversa. Infatti, denuncia la situazione delle carceri in Italia negli anni Ottanta e fa vedere come un mafioso sia riverito e apprezzato, con lo Stato sottomesso a lui. Il testo è visibilmente ironico e racconta la felicità e i privilegi che sono riservati a Don Raffaè grazie al suo “statuto”. Probabilmente qui De André si riferiva a don Raffaele Cutolo, boss della camorra. Cutolo inviò anche una lettera a Faber per ringraziarlo di come fosse riuscito a descriverlo così brillantemente, ma il cantautore rispose semplicemente ringraziandolo, senza mai specificare se nella canzone si parlasse direttamente di lui. In realtà il testo è stato scritto a quattro mani con Massimo Bubola e con la collaborazione di Mauro Pagani per quanto riguarda la musica, quindi ci sono teorie secondo cui a ispirarsi al boss potrebbe essere stato solo Pagani.