I Pink Floyd hanno scritto un capitolo fondamentale della storia della musica. E non solo con le loro canzoni, ma con la capacità di evocare un modo spaziale e onirico a 360°. Dai brani alle parole dei testi, dalle sperimentazioni in studio e sul palco, alle iconiche copertine degli album. Aspetto questo che, ad uno sguardo distratto potrebbe passare inosservato, ma che nasconde riflessioni e concetti profondi. Ripercorriamo, a questo proposito, la storia e il significato della copertina dell’album del 1969, Ummagumma.
PINK FLOYD, STORIA E PUBBLICAZIONE DI UMMAGUMMA
Il 7 Novembre del 1969 i Pink Floyd – ormai orfani di Syd Barrett – pubblicano il loro quarto album in studio, dal titolo Ummagumma. Il desiderio di dare una svolta alle sonorità del gruppo e di iniziare un percorso di sperimentalismo e innovazione, è evidente. Ummagumma è in effetti uno dei lavori più sperimentali dei Pink Floyd e uno dei primi a presentare suggestioni rock progressive.
Nonostante l’album sia stato accolto calorosamente da critica e pubblico e, ad oggi, sia considerato uno dei capolavori della band, i Pink Floyd non ne furono mai pienamente entusiasti. Roger Waters lo definirà, in più di un’occasione, un disastro; mentre David Gilmour, nel 1995, lo etichetterà come “orribile”. “Pensavo fosse un piccolo esercizio buono e interessante, ma credo che sia l’esempio classico della somma migliore delle singole partì” avrà a dire, invece Nick Mason, salvo poi cambiare idea chiamandolo “un esperimento fallito”.
PINK FLOYD, LA STORIA DEL TITOLO DI UMMAGUMMA
Un esperimento dunque, è quello che appare Ummagumma. L’idea alla base del lavoro discografico era che, ciascuno dei quattro membri, scrivesse dei brani – avendo a disposizione circa dieci minuti. La prima parte dell’album è stata registrata dal vivo, mentre la seconda in studio. Per quanto concerne il curioso titolo, si sa che Ummagumma sia uno slang, utilizzato per indicare l’atto sessuale.
Lo scrittore Nicholas Shaffner tuttavia – nel libro Lo Scrigno dei Segreti. L’Odissea dei Pink Floyd – riporta come Ummagumma sia in realtà il verso di strane creature che, secondo una leggenda, infestavano una palude nei pressi di Cambridge.
L’ORIGINE E IL SIGNIFICATO DELLA COPERTINA DI UMMAGUMMA
Una delle note più interessanti e curiose intorno a Ummagumma, è sicuramente la storia della sua copertina. Realizzata dallo studio Hipgnosis, è formata da un collage di più foto – scattate tutte nello stesso ambiente – ma collocate una all’interno dell’altra. Gli scatti dei quattro membri inoltre, vengono ruotati nelle varie direzioni. Sebbene non se ne parli spesso, sembra che l’idea originaria della cover sia venuta a Libby January – fidanzata dell’epoca di Storm Thorgenson, uno dei due fondatori dello studio di design.
Libby, che in quegli anni studiava psicologia, rimase estremamente colpita dall’incisione di M. C. Escher. La famosa immagine nella quale due mani, intrecciate, si disegnano a vicenda – in un loop infinito. Una volta proposta l’idea a Thorgenson, quello stesso concetto venne applicato alla copertina di Ummagumma. Il particolare di svolta, nel disco dei Pink Floyd, è che le immagini – invece di ripetersi identiche a se stesse come nell’effetto studiato da Libby – vengono invertite. I ruoli sono cambiati e le posizioni scalate. A concludere l’illusione ottica è la copertina di A Saucerful of Secrets – l’album precedente di Roger Waters e soci – appeso sul muro, nell’ultima foto visibile ad occhio nudo.