In un momento storico nel quale i biopic sembrano dominare la scena cinematografica, riportando all’attenzione del grande pubblico alcuni tra i più grandi mostri sacri nella storia della musica; di certo non poteva mancare un omaggio al leggendario Duca Bianco, David Bowie. Stardust ha visto la luce nel 2020 e, sebbene siano sorte non poche vicissitudini in vista della sua pubblicazione; sembrerebbe che il film abbia esordito discretamente, dato anche l’imperversare dell’emergenza sanitaria da COVID-19 ad ostacolarne la visione.
Era il 2017 quando il regista, Gabriel Range, iniziò a lavorare al biopic, incentrato principalmente sui processi e sulle maggiori inflessioni musicali che hanno plasmato l’arte di David Bowie, oltre la sua iconica figura. Range è un grande fan di David Bowie e, per questo, ha scelto di soffermarsi sugli aspetti meno noti della vita dell’artista, focalizzandosi sul suo percorso di formazione.
La trama del film si articola sulla base di un viaggio reale che, il Duca Bianco, intraprese nel 1971 negli Stati Uniti. Chris Bell scrisse una sceneggiatura particolarmente ironica, incentrata sugli aneddoti più divertenti accaduti durante l’itinerario. Il regista di Stardust ha spiegato di aver giocato e lavorato di fantasia su quelle storie rivelando che; in realtà, fosse stato scritto molto poco riguardo quel periodo.
“Ho lavorato con Chris, cercando di sviluppare i retroscena fondamentali della vita di David oltre l’artista. La paura della malattia mentale e l’importanza della figura fraterna di Terry durante la sua formazione”, ha detto Range. Il fratello di David Bowie, infatti, nacque dieci anni prima di Bowie e trasmise al fratello minore la passione per la musica.
Il terrore di David Bowie per la malattia mentale
Terry portò il fratello David al suo primo concerto e gli regalò il suo primo disco. Purtroppo, però, il maggiore dei fratelli Jones ebbe un esaurimento nervoso e fu rinchiuso in manicomio. Da quel momento, nel giovane David nacque l’ossessione spasmodica che anche lui, un giorno, potesse essere colpito da una forma di schizofrenia.
Il Duca Bianco racconta le sue paure, nel tentativo di esorcizzarle, nel celeberrimo brano The Man Who Sold The World. Gabriel Range ha rivelato di essere convinto che la parte più recondita dell’esistenza di Bowie, quella che non è mai, propriamente, passata sotto i riflettori, fosse di vitale importanza per comprendere a pieno la poliedricità del personaggio del Duca Bianco sul palco.
Ad interpretare David Bowie in Stardust, il cantautore John Flynn. Range ha spiegato che, per una buona riuscita del film, trovare una figura carismatica e talentuosa che potesse incarnare minuziosamente la personalità esplosiva di Bowie fosse fondamentale, rispetto a soffermarsi, semplicemente, sulla ricerca di qualcuno che somigliasse fisicamente al Duca Bianco.
La storia del Duca Bianco raccontata attraverso i suoi fallimenti
Nel tempo in cui si svolge la storia, il giovane Bowie ha sedici singoli falliti alle spalle. Ciò che è realmente affascinante, però, è l’originalità e il mistero che si cela dietro alla composizione delle canzoni del Duca Bianco, sin dai suoi esordi; accanto all’esecuzione ed al carisma del personaggio che interpreta. Gabriel Range ha spiegato di essersi soffermato molto sull’enigma di David Bowie. Il regista, ha dichiarato di aver voluto portare il carattere intrigante del Duca Bianco sul grande schermo.
“Ciò che maggiormente colpisce di David Bowie è, quanta forza abbia saputo dimostrare. Ci ha provato tantissime volte all’inizio, fallendo praticamente sempre; eppure, ha continuato, dimostrando una determinazione incredibile”, ha detto Range che; successivamente, ha continuato: “Volevo catturare gli attimi di profonda insicurezza che hanno attanagliato Bowie appena prima che subisse la svolta definitiva. Volevo esplorare i meandri dell’uomo, oltre l’icona Pop che è diventato. Credo che la performance di Johnny nel film, sia il più grande omaggio che un musicista potesse fare ad un altro”.