In una recente intervista per “Guitar World”, il bluesman del momento, Joe Bonamassa, stila una classifica sui migliori chitarristi che hanno influenzato il suo stile nel corso degli anni attraverso brani esemplificativi in cui traspaiono chiaramente le doti innate che hanno mistificato i musicisti in questione.
Ovviamente, quando parliamo di Blues-rock, tocchiamo alcune delle pietre miliari della storia chitarristica e musicale in genere. Si tratta di un apri pista per alcuni dei gruppi che hanno inciso maggiormente sulla cultura mondiale, innestando veri e propri fenomeni di costume attraverso brani incisivi e coinvolgenti.
10) Cream – Crossroads
Iniziamo da qui, è il 1968 quando i Cream si esibiscono al Winterland con Crossroads, per Joe Bonamassa, il modo con cui Eric Clapton definisce i soli, connubiando tecnica e dinamica, sfruttando i momenti di pausa e quelli in contro-tempo, regalano all’ascoltatore attimi di pura catarsi. “È come se dalle note di Eric trasparissero il suo cuore e la sua anima”.
9) Gary Moore – Still Got The Blues
“Gary Moore è stato una delle mie maggiori influenze” afferma Joe Bonamassa; “devo a lui e Walter Trout molte sfumature del mio stile che mi hanno permesso di avere successo in Europa”,aggiunge. “Il solo di Still Got The Blues risplende di luce propria, possiamo fattivamente ascoltare il modo con cui il plettro cade sulle corde generando una dinamica imponente. Il modo con cui Moore preserva i sofferti virtuosismi con cui ha commosso un’intera generazione per un finale esplosivo e pungente è, tutt’oggi, unico ed irripetibile”.
8) Rory Gallagher – Cradle Rock
“Credo sia un fattore geografico” Joe Bonamassa esordisce così parlando del modo straordinario con cui il grande Rory Gallagher è riuscito a reinventare, non solo sé stesso, ma un intero genere, attraverso la manipolazione di tecniche, di per sé, già esistenti. “Suonare un blues in Mi è qualcosa che abbiamo provato tutti almeno una volta nella vita, partendo da Ry Cooder arrivando a me. Nonostante Cooder abbia perfezionato il modo di suonare alcuni lick, l’eclettismo di Rory Gallagher gli ha permesso di creare un nuovo modo di interpretare una cosa, nel complesso, basilare, rendendola straordinaria. In certi casi parliamo di magia, Rory era unico e paragonarlo ad un altro musicista solo perché suona il blues sarebbe come paragonare il Delta con quello di Chicago“.
7) Jeff Beck – Let Me Love You
L’ammirazione del chitarrista verso Jeff Beck, lo porta a definire l’eroe della sei corde come il miglior chitarrista rock di sempre. “È stata la prima volta in cui ho sentito una Les Paul suonata come un’arma”. Let Me Love You, dall’album Truth del 1968 è l’archetipo con cui Joe Bonamassa spiega il sound di Beck. Rabbioso e vitale, il brano sembra esprimere il sentimento di rivalsa del chitarrista nei confronti di sé stesso. “Jeff Beck ha saputo ritrovarsi nelle note di questa canzone, instaurando uno stato di simbiosi con lo strumento. Penso che la sua chitarra abbia aperto le porte verso una nuova concezione di Rock n’Roll, che poi è quella dei Led Zeppelin e dell’ Heavy Metal in generale”.
6) Free – Don’t Say You Love Me
“Penso che Paul Kossoff abbia utilizzato un Marshall ed un Fender Super Reverb nelle fasi d’incisione del brano, tratto da Fire And Water del 1970. L’accoppiata, mista al pickup al manico di una magnifica Gibson Les Paul, rendono i suoni di questo brano incredibili. I suoi fraseggi e l’uso che fa del vibrato sono magnifici. Le armonie presenti nell’album sono dovute al suono grosso e scuro dell’ SG bass con cui Andy Fraser ha suonato le sue linee diminuite di un’ottava attraverso un amplificatore Marshall, lasciando a Kossoff un lavoro di abbellimento svolto con maestria attraverso l’uso delle quinte”.
5) Ry Cooder – Paris, Texas
Joe Bonamassa spiega che, secondo lui, coloro che vogliono approcciarsi alla tecnica chitarristica dello slide, dovrebbero trovare forte influenza ed ispirazione in musicisti come Ry Cooder, David Lindey e Lowell George. “L’unicità di Ry Cooder e la sua tecnica incredibile non sono mai state replicate, nessuno riesce a suonare come lui”
4) Bonnie Raitt – Thing Called Love
“Il modo di suonare la Stratocaster col bottleneck di Bonnie Raitt è inconfondibile, quando la si ascolta, ci si accorge dell’unicità del suo modo di suonare, è incisiva e molto originale, credo sia realmente una delle chitarriste più sottovalutate di sempre”.
3) Robin Trower – Bridge Of Sighs
Lo stile di Robin Trower è stato particolarmente criticato negli anni a causa della sua spiccata similarità con Jimi Hendrix. Trower emerge poco dopo la morte del leggendario chitarrista, ma ascoltare brani come Bridge Of Sighs del 1974 o Long Misty Days è un’esperienza profonda ed emozionale. “Il modo con cui lascia esplodere la sua Stratocaster all’interno del Marshall con l’ Uni Vibe è unico, appartiene solo a lui ed è questo a renderlo così speciale”.
2) Ronnie Earl – Backstroke
“La versione di Backstroke di Albert Collins, suonata da Ronnie Earl è l’esempio lampante di come una Stratocaster possa risultare vitale attraverso un Super Reverb. Spesso quest’accoppiata da vita a suoni abbastanza arsi; la bravura di Ronnie sta proprio nell’aver saputo esaltare determinate sonorità”.
1) BB King – Blues Is King
“La chitarra di BB King è un’estensione della sua voce e viceversa. La simbiosi tra uomo è strumento, in questo caso è assoluta e leggendaria. BB esprime tutte le sue emozioni con il blues; in Blues Is King del 1967, King suona l’intero disco usando solo la sua Lucille ed un amplificatore Fender Twin”.