Tutta la musica è bella e i gusti son gusti. Ogni canzone, ogni pezzo lascia qualcosa di diverso, a seconda delle proprie particolari inclinazioni e sensazioni. Tuttavia, è anche vero che ci sono album e poi ci sono pietre miliari. Lavori cult, imprescindibili, che appartengono non tanto alla musica in sé ma ad un patrimonio collettivo. Certi dischi non possono e non devono essere ignorati da chiunque desideri provare qualcosa di profondo ed emozionale. The Dark Side of the Moon si colloca decisamente in questa classifica. Il capolavoro dei Pink Floyd datato 1973 non ha solo segnato un punto inconfondibile e irripetibile della storia del mondo, ma ha dalla sua tantissime curiosità affascinanti. Andiamo alla scoperta della storia dell’album più venduto di sempre.
Il capolavoro dei Pink Floyd
L’eternamente bello e intramontabile album dei Pink Floyd vede la luce nel 1973. Da quel momento The Dark Side of the Moon segna un netto discrimine tra la musica che c’era prima e quella che ci sarà dopo di lui. Il cult di Roger Waters, David Gilmour, Nick Mason e Richard Wright vende – nell’arco della propria, immortale vita – più di 15 milioni di copie solo negli States. 45 milioni in tutto il resto del mondo. The Dark Side of the Moon non segna solo un grande traguardo per la musica internazionale e il rock, ma anche il picco della carriera dei Pink Floyd, da allora ad oggi imprescindibilmente legati alla loro creatura.
The Dark Side of the Moon nasce dalle visioni suggestive e dal mondo fantasmagorico e popolato nella mente di Roger Waters. I Pink Floyd fanno un decisivo salto di qualità e spiccano il volo come band solida e influente, lasciandosi alle spalle un periodo decisamente sperimentale in cui era in ballo la loro identità. I testi mostrano una maturità compositiva che si intreccerà con melodie inconfondibili e iconiche. L’album racconta – attraverso sonorità psichedeliche e testi evocativi – il dramma e la condizione umana. Ricchezza, guerra, morte, esistenzialismo e pazzia. Waters prende in mano i Pink Floyd, lasciandosi alla spalle lo sperimentalismo di Syd Barrett. Il concept è chiaro e il messaggio arriva nitido e diretto “Volevo lasciar perdere lo spazio, tutte le cose che piacevano a Syd, per parlare delle mie preoccupazioni sul mondo, pensieri politici e filosofici”.
Le suggestioni e il mondo dei Pink Floyd
L’album capolavoro dei Pink Floyd – The Dark Side of the Moon – viene registrato in diverse sessioni agli Abbey Road Studios tra Maggio 1972 e Gennaio 1973. Roger Waters – dopo l’addio a Syd Barrett – inizia a dirigere le suggestioni e il mondo immaginativo della band in una direzione ben precisa. Un cammino che parla della condizione umana, spaziando verso temi politici ed esistenziali. Il quartetto sa da subito di voler chiamare il lavoro The Dark Side of the Moon ma quando, nel 1972, i Medicine Head escono con lo stesso titolo la decisione vacilla. I Pink Floyd – per un pò – considerano anche l’eventualità di cambiare tutto in Eclipse, ma poi i Medicine scompaiono e il resto è storia.
Sebbene The Dark Side of the Moon esca come album da studio di registrazione nel 1973, i fan iniziano ad ascoltarlo e amarlo per intero già da un anno prima. Si può dire che il debutto ufficiale cada il 20 Gennaio 1972 quando Roger Waters, David Gilmour, Nick Mason e Richard Wright si esibiscono al Brighton Dome. Quel primo live fu tuttavia fondamentale per aggiustare e perfezionare le transizioni, che confluirono poi nel lavoro finale. “Penso che ogni nostro album sia stato un passo verso Dark Side of the Moon – dirà poi Wright – continuavamo a migliorare tecniche di registrazione e scrittura”.
Il capolavoro dei Pink Floyd – con cui il quartetto esce definitivamente dall’ombra di Barrett – lancia la band nell’olimpo della musica internazionale. The Dark Side of the Moon continua a riecheggiare nelle radio, nella case e nelle cuffie di milioni di persone. Con sonorità spaziose e suggestive, tempi echeggianti e melodie sonore. Temi esistenziali e cupi, ma anche catartici, pronti a spingere l’ascoltatore a riflessioni introspettive. Il presente e il futuro, l’oggettivo e il soggettivo, lo spazio esterno – che crea la trama del contesto – e il mondo interiore di Roger Waters.
La storia di The Dark Side of the Moon
Leggenda vuole che l’idea per l’opera perfetta dei Pink Floyd sia nata nel 1971, a casa di Nick Mason. Alcuni dettagli sono tuttavia sfocati e avvolti dall’indefinitezza del dubbio. Roger Waters ricorda di aver voluto scrivere una serie di brani, concettualmente e narrativamente collegati. Dei pezzi che avessero inizio, svolgimento e fine come un’unica opera. Le tematiche sarebbero dovute essere le pressioni e le aspettative che gravano sulla vita di un musicista. Mentre Waters prendeva appunti gli altri riflettevano su questi problemi, snocciolando una serie di riflessioni sullo stress e la vita in genere. Morte, viaggi, denaro e pazzia.
Il controllo unico di Roger Waters sui testi, il ruolo centrale di David Gilmour come voce e chitarra solista e il contributo compositivo di Richard Wright creeranno squilibri e contrasti che non faranno che aumentare l’instabilità della band. Nel 1972 – quando iniziano le prime esibizioni live di The Dark Side of the Moon – il concept album è praticamente completo. Unica differenza: al posto di On the Run era presente The Travel Sequence, stravolta completamente con un sintetizzatore portatile.
The Dark Side of the Moon è una album cerebrale, neuronale nato dalle riflessioni esistenzialiste di Roger Waters con un pizzico di hard rock sulle corde della chitarra di Gilmour. Il capolavoro dei Pink Floyd rimane nella top 20 americana per la bellezza di 741 settimane. I concerti del quartetto riempiono gli stadi e fanno sold out. L’unico a guardare le cose in prospettiva, smussando gli angoli di tutto questo successo, è Waters stesso, socialista e cinico convinto. Ma la musica non può essere controllata e The Dark Side of the Moon è letteralmente la storia della musica.