Stephen “Stevie” Ray Vaughan è stato un personaggio di spicco all’interno della storia del blues. Carismatico, eccentrico, talentuoso e anticonformista: il chitarrista statunitense è stato definito da molti come il “Jimi Hendrix bianco”. La sua morte, avvenuta la notte del 27 agosto del 1990, ha gettato nel baratro un’intera generazione di musicisti.
La tragica notte del 27 agosto 1990
Ray Vaughan la notte del 27 agosto, dopo aver partecipato al concerto all’aperto all’Alpine Valley Music Theatre (nel Wisconsin), prende il posto di Eric Clapton sull’elicottero che lo avrebbe riportato a Chicago. Come dichiarato successivamente dallo stesso Slowhand, Ray, stremato per il concerto, gli chiese esplicitamente di poter partire per primo. Il velivolo a Chicago però, sfortunatamente, non ci arrivò mai. Poco dopo il decollo, infatti, l’elicottero si schiantò contro una collina a causa della poca visibilità causata dalla fitta nebbia.
Nell’impatto, oltre al chitarrista Ray Vaughan, persero la vita il pilota Jeff Brown e i membri dello staff di Clapton: Bobby Brooks, Nigel Browne e Colin Smythee. La tragica notizia venne appresa solamente il mattino seguente, quando tutti si accorsero che il mezzo non era mai arrivato a destinazione. Purtroppo, però, non c’era più niente da fare. Il 31 agosto 1990 Stevie Ray Vaughan venne sepolto al Laurel Land Memorial Park di Dallas, affianco a suo padre, morto lo stesso giorno del figlio quattro anni prima.
Stevie Ray Vaughan: uno dei maggiori esponenti della chitarra blues
Il chitarrista e compositore statunitense Stevie Ray Vaughan è stato uno dei maggiori esponenti della chitarra blues. Nonostante abbia pubblicato solamente cinque album (quattro in studio e uno live), Vaughan resta ancora oggi uno dei musicisti più influenti del suo genere. Il sound e le influenze del chitarrista di Dallas affondano le proprie radici nel jazz, nel rock e soprattutto nel blues.
La sua morte, tanto improvvisa quanto fortuita, ha colpito intere generazioni di musicisti. Disgrazie come queste ci fanno interrogare a lungo sul destino e sulla casualità che governa le nostre vite e l’intero creato.