Giorgio Gaber è stato un cantautore rivoluzionario per diversi fattori. Inguaribile indagatore della mente umana, della società e delle sue ipocrisie e contraddizioni. Gaber insieme con Sandro Luporini (amico di una vita e co-autore dei suoi testi) ha sempre saputo tra filosofia e profonda chiarezza riflettere sulla politica e sull’Italia in generale. Tra i temi cardine della sua discografia c’è l’identità dell’uomo e la sua natura. Ci sono tantissimi brani che indagano proprio cosa significa essere uomini. Uno di questi è Se io sapessi, che appare assai personale e introspettivo.
La riflessione sull’uomo e sulla società
Se io sapessi è una canzone tratta dall’album E pensare che c’era il pensiero del 1996, che corrisponde alla registrazione dell’omonimo spettacolo teatrale che avvenne presso il Teatro Vittorio Alfieri di Torino. Già dal titolo, un gioco di parole come spesso se ne trovano nel repertorio gaberiano, emerge l’intenzione alla base dello spettacolo e quindi del disco. Una riflessione sul pensiero, sull’uomo e sulla società. Si spazia dalla politica all’amore con grande facilità e chiarezza. Mai con qualunquismo.
Una logica ormai acquisita
è che l’uomo è provvisorio
e che ha un senso un po’ precario della vita.
Se io sapessi… che l’uomo è provvisorio
La canzone Se io sapessi in quest’album si configura come una delle più complesse. Rivela fin da subito un contenuto filosofico, in quanto fin dall’incipit riflette sulla mortalità dell’uomo. Non manca in questo il tratto caratteristico della canzone di Giorgio Gaber: l’ironia. Questa verve risuona nell’unica parte del brano che il cantautore pronuncia recitando e non cantando:
Forse aspirare all’immortalità è un po’ eccessivo. Ma quando uno si innamora di una teoria, a volte, si lascia prendere la mano.
Da questa consapevolezza della temporaneità dell’uomo parte una ponderazione assai puntuale circa il modo in cui ognuno di noi si rapporta a se stesso. Gaber si chiede cosa succederebbe se solo avessimo letto il nostro “libretto d’istruzioni”.
Sapere come siamo fatti davvero
L’idea dell’impossibilità di conoscere noi stessi sarà sempre assai presente nella musica di Giorgio Gaber, ma in questa canzone si palesa in modi assai interessanti. Oltre al tratto distintivo dell’ironia, che già abbiamo evidenziato, un altro aspetto illuminante è costituito dalla ripetizione del titolo con varie situazioni. Varie avvisaglie che vorremmo avere nella nostra vita. Sarebbe più facile se potessimo comprendere appieno la nostra natura, i nostri punti deboli e anche i punti forti. Renderci conto di cosa comporta davvero essere chi siamo. Purtroppo non si può, ma queste canzoni ci aiutano paradossalmente a fare qualcosa in proposito, anche solo pensandoci.