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Giorgio Gaber, I capolavori tratti da “Libertà obbligatoria”

Giorgio Gaber è stato un cantautore rivoluzionario e importante per la grande capacità di analizzare la società italiana e non solo. Ideatore del Teatro Canzone insieme a Sandro Luporini, i loro testi ci hanno reso più umani, più consapevoli, forse perfino più intelligenti. Infatti, dietro alla musica di Gaber c’è sempre qualcosa di profondo, introspettivo e riflessivo. Non è semplice stilare una lista delle canzoni migliori del repertorio di Giorgio Gaber, così abbiamo pensato di valutare solamente quelle presenti nell’album Libertà obbligatoria. Questo disco venne pubblicato nel 1976 e consiste nello spettacolo registrato dal vivo al Teatro Duse di Bologna il 14 ottobre 1976. L’ossimoro del titolo è il senso principale di tutto il contenuto dell’album. Vediamone le canzoni migliori.

Si può

È la canzone che dà proprio il titolo al disco. Le strofe di Si può elencano una serie di possibilità che abbiamo in questa società ad oggi, ma che in realtà sono limitazioni. Ci illudono costantemente di poter fare di tutto, ma questa non è altro che una libertà obbligatoria. “Ma come, con tutte le libertà che avete, volete anche la libertà di pensare?”, dice. È sostanzialmente un’utopia credere di avere anche questa libertà, in quanto sostanzialmente la società ormai è in una decadenza intellettiva totale.

La solitudine

In quest’epoca in particolare sentiamo spesso parlare di solitudine e di cosa significa stare insieme agli altri. In questo brano, Gaber descrive con grande semplicità che cosa comporta stare insieme ad una persona o un gruppo, spesso si perdono i propri pezzi, non si ritrova più la verità di se stessi. Allora, la solitudine diventa qualcosa di fondamentale per stare bene con se stessi e con gli altri. Il testo all’apparenza semplice mostra una grande consapevolezza.

Le elezioni

Questa canzone viene spesso citata, naturalmente specie in periodo di elezioni. Le elezioni sono un momento fondamentale della società, in cui ognuno può esprimere la propria opinione grazie al grande meccanismo della democrazia. Gaber elenca ironicamente l’importanza di questo momento, per poi prendere in giro il modo in cui in realtà spesso viene concepito. Dovrebbe essere quel grandioso manifestarsi della democrazia, ma di fatto non lo è.

Il sogno di Gesù

Insieme a questo sogno c’è anche Il sogno di Marx, alla fine di questo brano è lo stesso Gesù a suggerire a Gaber in questo ipotetico dialogo di sognarsi proprio Marx. Attraverso questa figura, che Gaber ha citato spesso, si illustra una satira brillante e illuminante della società, della religione e della politica.

Se penso a voi mi fate pena
Ogni sei mesi una chiesettina
Poi crolla un’altra chiesettina
Un’altra chiesettina
Non vi dura niente la roba!

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