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Le migliori tracce finali degli album rock

Quando si imbastisce un disco, un ruolo fondamentale è ricoperto dalla canzone di chiusura, l’ultima traccia. Questa infatti è il congedo che probabilmente resterà maggiormente in mente all’ascoltatore ad un primo ascolto. Segna inoltre il finale di un percorso intrapreso dalle altre canzoni ed in alcuni casi, una proiezione verso un’opera futura. Vediamo allora cinque composizione che hanno ricoperto alla perfezione questo ruolo.

“The End” – The Beatles 1969

Il lato B di “Abbey Road” si conclude con “The End”, che costituisce  l’ultimo saluto che i Beatles avevano promesso ai loro fan, con ogni singolo membro che faceva un assolo, comprese gli incredibili break di batteria di Ringo Starr. Sebbene nessuna canzone sia priva di difetti, in poco meno di 3 minuti, “The End” è probabilmente la più vicina alla perfezione che la musica rock abbia mai prodotto.

“Rock N Roll Suicide” – David Bowie 1972

Non c’è mai stato un artista che abbia plasmato la scena rock come David Bowie. In The Rise and Fall of Ziggy Stardust and the Spiders from Mars, l’intero disco ha riguardato la vita di una rock star aliena. Tuttavia, le cose prendono una piega un po’ più oscura, quando la band degli Spiders from Mars deve sciogliersi poco prima del gran finale. Quando si arriva alla chitarra solitaria che dà inizio a “Rock and Roll Suicide”, vediamo Ziggy sotto i riflettori per quella che potrebbe essere l’ultima volta.

“Love Reign O’er Me” – The Who 1973

“Quadrophenia” tende ad essere sottovalutato anche dai fan più irriducibili degli Who. C’è sempre stato qualcosa che non l’ha messo al livello dell’altra loro opera rock “Tommy” o del loro “Who’s Next”. Nonostante tutti i suoi presunti difetti, “Love Reign O’er Me” vale il prezzo del disco. Questa canzone è davvero una vetrina per Roger Daltrey, che lancia alcune delle urla più strazianti che lui, o qualsiasi altro cantante rock, abbia mai emesso.

“Outside the Wall” – Pink Floyd 1979

Sentendo una voce sottile che dice “Isn’t this” alla fine, il disco finisce con l’inizio della frase che ha aperto l’album con “Where we came in“. Portandoti ad ascoltare di nuovo il disco, per avere la storia completa, questo piccolo dettaglio diventa un’allegoria del viaggio solitario che il protagonista ha intrapreso, un’annullamento della società che è condannato a ripetere se non sta attento.

“Something in the Way” – Nirvana 1991

Non molti altri album hanno cambiato l’intero panorama musicale come ha fatto “Nevermind” dei Nirvana. “Something in the Way” fu scritta su una chitarra economica a 5 corde con cui Kurt Cobain stava suonando per scherzare. Questa canzone si insinua sottilmente, mentre ascoltiamo l’oscura storia del protagonista che è senzatetto che vive sotto un ponte e si nutre degli avanzi di pesce che riesce a trovare nel fiume. Tutta l’angoscia e il dolore di cui parlano i Nirvana sono catturati già solo nel titolo.

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