Il Blues nasce come ponte sull’abisso culturale posto tra due etnie diametralmente opposte. La culla del Blues si pone a metà tra Stati Uniti ed Africa, nascendo come canto spirituale e inno di libertà delle popolazioni deportate in America durante gli anni della schiavitù. Nel tempo, però, il Blues si è diffuso come genere musicale di punta per accomunare artisti dalla provenienza più disparata. Oggi, si tratta di un movimento culturale tra i più ammirati, dato il suo patrimonio storico inestimabile e, praticamente, immenso. Nonostante abbia avuto modo di svilupparsi, fino a raggiungere le sue forme più istrioniche nei territori angloamericani, il Blues continua a ricoprire un ruolo brillante in Italia, raccogliendo sotto la propria ala alcuni tra i migliori artisti sulle scene. In quest’articolo, quindi, scopriremo come ha fatto il genere ad esplodere nel Bel Paese.
Come si è diffuso il Blues in Italia?
Il Blues cominciò a diffondersi in Italia nei primi del Novecento. La prima canzone italiana riconducibile al genere risale al 1919 e si intitolava Scettico Blues. Con l’avvento del fascismo, l’industria musicale subì un duro colpo sul territorio nostrano. Mussolini aveva proibito la diffusione della musica americana e del Jazz. Fu, però, impossibile impedire del tutto il flusso di coscienza degli artisti; quindi, il regime si adeguò ai dettami del panorama dell’epoca, lasciando che i grandi classici circolassero a patto che venissero eseguiti da orchestre italiane, con titoli italiani. Fu così che brani come Saint Louis Blues, vennero incisi da Natalino Otto e dal Trio Lescano con il titolo di Le Tristezze di San Luigi.
La Seconda Guerra Mondiale, però, fu tanto nemica quanto, per certi versi, amica della diffusione della musica Blues in patria. Alla fine del conflitto, infatti, il genere ebbe modo di diffondersi tra le masse grazie alla presenza degli Alleati americani in terra nostrana. I soldati importarono gran parte del loro folklore in Italia, contaminando le grandi Metropoli a colpi di Blues, prima e Rock N’Roll dopo. Nel 1945, il Bluesman Big Bill Broonzy tenne un concerto per le truppe statunitensi di stanza in Italia al Teatro Reposi di Torino. Nel ’56 incise quattro brani a Milano per poi apparire in Rai per interpretare Trouble In Mind e Blackwater Blues.
Zucchero e Pino Daniele, i grandi Bluesmen italiani
Negli anni, sono stati diversi gli artisti italiani che hanno deciso di consacrare la propria carriera al Blues. Ciò nonostante, occorre menzionare con più attenzione, Pino Daniele e Zucchero Fornaciari. Parliamo di due artisti assolutamente iconici, fautori di sound decisamente diversi l’uno dall’altro, ma accomunati dalla costante dell’internazionalità. Sia Daniele che Fornaciari hanno avuto modo, nel corso delle loro carriere, di far spiccare l’Italia per brillantezza sul piano internazionale, destando l’attenzione dei più grandi Bluesmen inglesi ed americani. Il loro approccio alla musica, in cui canzone d’autore, Pop, Blues, Jazz, Rock e musica latina si mescolano con grande attenzione ai dettagli, ha reso le loro opere a dir poco uniche, riuscendo, inoltre, a portare il Blues in vetta alle classifiche di vendite nostrane.