I The Cure sono tra i massimi rappresentati della cosiddetta new wave britannica di fine anni ’70. La band post-punk guidata dal carisma di Robert Smith ha realizzato numerosi successi nel proprio ambito, tra i quali spicca il disco Seventeen Seconds. Tuttavia, molti non sanno che questa canzone è nata in seguito ad una serie di circostanze piuttosto bizzarre. Infatti, la sua realizzazione sarebbe dovuta ad una vera e propria rissa, così come scopriremo nei passaggi successivi.
Quando i The Cure erano in una fase di notevole ascesa
Verso la fine dei mitici anni ’70, i The Cure stavano crescendo in misura esponenziale. La band post-punk britannica era reduce dal suo primo disco, Three Imaginary Boys, per poi consolidarsi in diversi concerti in qualità di spalla di Siouxsie Sioux e Steven Severin. Il suo giovane leader carismatico, Robert Smith, stava diventando una vera e propria star, anche grazie alla sua collaborazione con i Banshees. A poco a poco, l’artista si stava evolvendo e aveva manifestato l’intenzione di rendere i ritmi del suo gruppo originale un po’ più duri.
La testimonianza di Robert Smith sulla rissa
Tuttavia, in occasione di un tour rock, i The Cure si resero protagonisti di una serie di eccessi non di poco conto. Il doppio ruolo di Robert Smith iniziava a far arrabbiare il gruppo e la situazione si stava facendo piuttosto tesa. È proprio il cantante e chitarrista inglese a ricordare la vicenda all’interno del libro The Cure – Ten Imaginary Years, scritto nel 1987 da Lydie Barbarian, Steve Sutherland e Smith stesso. L’artista dichiarò di aver “fatto a botte con tre uomini d’affari incontrati in ascensore”. Quindi, una volta giunto al suo piano, bussò ai suoi colleghi Michael Dempsey e Lol Torhurst chiedendo aiuto, ma loro non gli diedero credito, convinti che lui stesse solo facendo finta. “Quando mi soccorsero, avevo numerosi tagli ad una mano e sul viso”, sottolinea Smith.
Un episodio che ispirò la band britannica
Eppure, non tutti i mali vengono per nuocere. Infatti, la band trasse ispirazione dalla scazzottata ricevuta dal suo frontman. I membri si riunirono e diedero vita a Seventeen Seconds, uno degli album più apprezzati dei The Cure in senso assoluto. “In quella serata”, ha spiegato Robert, “ho scritto quasi tutti i pezzi di Seventeen Seconds. Ho lavorato per 7-8 ore di fila perché mi sentivo infelice. In quella notte, avvertivo un disgusto profondo per ogni orrore del mondo”.
L’addio del bassista Michael Dempsey e l’arrivo di due nuovi membri
Mentre l’album era in fase di lavorazione, il bassista Michael Dempsey decise di andarsene via dal progetto. Era sempre più arrabbiato per la collaborazione tra Smith e i Banshees e non si sentiva più parte integrante della band new wave. Al suo posto, subentrarono un nuovo bassista, Simon Gallup, e un tastierista, Matthieu Hartley. All’interno del testo già menzionato precedenza, fu proprio Dempsey a sottolineare quanto Gallup “fosse molto più adatto alla band e alle sue necessità”, considerandolo come un “classico bassista new wave in grado di suonare il basso all’altezza del bacino”. Lo stesso Michael sottolineò quanto non potesse riuscire ad attuare un accorgimento del genere.