The Wall non è mai stato un disco come tutti gli altri. Molti lo considerano come l’album capolavoro dei Pink Floyd, insieme a The Dark Side of the Moon e a Wish You Were Here. Tuttavia, la sua gestazione ha richiesto un impegno davvero incredibile, in una sorta di viaggio introspettivo che ha messo a serio repentaglio la band rock britannica. E, a conti fatti, ha contribuito al suo scioglimento definitivo. Scopriamo come la carriera del gruppo ha subito contraccolpi notevoli dopo un lavoro così complicato.
La scelta di realizzare un concept album
Nel mese di luglio del 1978, i Pink Floyd iniziarono a pensare alla realizzazione di un concept album, ossia di un disco incentrato su un tema ben preciso. La prima idea parlava del muro che separava la band dal pubblico. La sua prima versione corrispondeva ad una demo di 90 minuti, inizialmente chiamata Bricks in the Wall. La seconda, invece, si focalizzava su sogni notturni di un uomo e trattava di vita familiare. Il gruppo optò per la prima soluzione e fece bene, mentre la seconda sarebbe stata ripresa da Roger Waters per il suo primo album da solista.
Il disco da dover completare il prima possibile per problemi economici
Non era un buon momento per i Pink Floyd, verso la fine degli anni ’70. I membri avevano la necessità di completare un album capace di appianare la loro crisi economica e di risollevarli agli occhi della critica musicale. I successi precedenti non furono sufficienti ad acquisire una certa stabilità e credibilità. In una recente intervista, Waters ha affermato che la band era stata “raggirata dai suoi produttori”, con numerose fatture fiscali andate perdute. Gli ha fatto eco David Gilmour, parlando di una “stupida alleanza con veri truffatori”. Da quel momento in poi, il cantautore avrebbe esaminato ogni singolo assegno prima di firmarlo.
La tensione crescente tra i quattro membri dei Pink Floyd
Come se non bastasse, tra i membri dei Pink Floyd, la tensione stava aumentando. Tutti e quattro i membri lasciarono il Regno Unito, per poi riunirsi in Francia all’inizio del 1979 per lavorare su The Wall. Al ritorno tutti insieme, la situazione, se possibile, peggiorò. Fu chiamato il produttore Bob Ezrin per rimettere a posto le cose, ma c’erano frizioni insanabili, in particolare tra Waters e Richard Wright. Quest’ultimo fu costretto a lavorare solo di notte per evitare i suoi stessi colleghi.
Ciò mise in seria difficoltà gli altri membri della band, che si avvalevano anche dei suoi input. Inoltre, il tastierista era alle prese con un matrimonio fallito ed entrò in depressione a causa della lontananza dalla sua famiglia. Ma c’era un album da finire disperatamente, anche se il buon Richard decise di mettersi in disparte e se ne andò dai Floyd, per poi essere rimosso anche dai crediti di The Wall.
The Wall, un album meraviglioso ma tanto oneroso
Come già accennato in precedenza, The Wall è davvero un album fuori dal comune, accompagnato da spettacoli dal vivo ancora più emozionanti. Tuttavia, per i Pink Floyd, lo sforzo economico da sostenere non era indifferente. Il tour iniziò il 7 febbraio del 1980 a Los Angeles, ma la band aveva già perso circa 1,5 milioni di dollari prima di suonare. Una spesa dovuta a problemi logistici, dato che il set andava costruito daccapo in occasione di ciascun concerto. Alla fine della tournée, la band fece i conti con un debito complessivo di 400 mila dollari.
Ecco cosa disse a riguardo il batterista Nick Mason: “Lo spettacolo doveva essere ogni volta allestito e rimosso, con tanti operatori di luci, di palcoscenico e così via. Avevamo bisogno di speciali capsule di illuminazione, ognuna delle quali sorretta da un’apposita unità di rimorchio. Erano tutti attrezzi speciali e terribilmente costosi. È stato fantastico fare così per una volta sola”. Certo, i Pink Floyd si sarebbero salvati grazie alle vendite dell’album, ma non avrebbero mai più trovato la stessa creatività. Fu da qui che il giocattolo iniziò, a poco a poco, a rompersi.