Fabrizio De André dopo aver portato avanti la produzione relativa all’album Storia di un impiegato ed aver collaborato con Francesco De Gregori per la pubblicazione di Volume VIII si dedica ad un altro progetto, un album intitolato Rimini. Questo sancirà la collaborazione di De André con Massimo Bubola, che parteciperà alla composizione di tutti i brani. Il genere musicale che ritroviamo in Rimini è tipicamente Folk, intrecciato alla musica d’autore. Dopo i lavori precedenti De André ritornerà verso i temi e gli affetti che hanno caratterizzato la sua produzione musicale. Prostitute, emarginati, gente segnata da forte dipendenze. In quest’album troviamo però un brano che si discosta leggermente da tutto ciò, “Coda di lupo”. Ecco la rappresentazione sociale e la ripresa politica nel brano “Coda di lupo” di Fabrizio De André.
L’album Rimini e il contenuto
Pubblicato nel maggio del 1978, Rimini segna come un certo “ritorno” da parte del cantautore, verso a tratti e caratteristiche umane a lui tanto care. Fanno parte di quest’album canzoni come “Sally” , brano tanto famoso soprattutto per il passaggio di una giovane ragazza dalla vita familiare a quella sregolata contraddistinta da sesso, violenza e prostituzione. Alcuni vi ritrovano anche dei tratti autobiografici. E’ alche l’album però di pezzi come “Rimini” omonima all’album stesso, la quale tratta di una ragazzina, Teresa, che sogna. Il tutto è il pretesto per affrontare in chiave quasi poetica temi come l’aborto o quei dolci e sfuggevoli amori che durano appena un’estate. Ad attirare l’attenzione però, oltre ad un’altra serie di brani, è -come già segnalato- “Coda di lupo”, con la sua politica e la sua meditazione.
Il significato del brano “Coda di lupo” di De André
Innanzitutto il titolo “Coda di lupo” fa riferimento al nome che viene dato al ragazzo pellerossa di cui si parla nella canzone. E’ un po’ una vera e propria metafora, costruita “sfruttando” un ragazzo pellerossa. Per il tempo in cui è stata scritta si può dire che riflette abbastanza bene la situazione di quel periodo, anche perché riprende eventi a lui contemporanei, come per esempio la “Cacciata Lama”. Sarà De André a dire che si tratta canzone basata sul fallimento della lotta sessantotina, ma anche la canzone della crescita di Coda di lupo, che -non sorprende- è segnata dal un furto e da un omicidio. Che sia un modo per De André di far entrare il suo soggetto del mondo degli adulti, è di certo il modo per fare largo alle contestazioni su cui si farà luce alla fine. La serie di “Dio” citati non sono infatti casuali: dietro vi si nasconde il dio lavoro, il dio borghesia, quello perdente e quello goloso. Sono tutte delle “spie” disseminate nel testo che hanno tutta l’aria di una certa diffidenza. Il modo di De André di descrivere la politica e la società questa volta è molto più reale. Procede tramite parallelismi e metafore, facendoci introdurre in un mondo che non ci è poi così estraneo: “e a un Dio a lieto fine non credere mai.”