La produzione nel cantautorato italiano è veramente molto vasta. Chi non ricorda i grandi pilastri della fila di cantautori come De André e tanti altri. Tante sono quelle loro canzoni che ancora cantiamo, tante quelle che ormai fanno più parte della cultura che della musica. Eppure ci sono piccoli angoli di cantautorato che rimangono inesplorati e addirittura, sono certi cantautori a non avere avuto proprio la “fortuna”, che forse, meritavano. Ci sono testi e composizioni che spesso vengono ignorate, ma che nascondono più di quanto ci aspettiamo. Ecco le cinque canzoni del cantautorato italiano più sottovalutate.
1- Francesco De Gregori, “L’Angelo di Lyon”
L’Angelo di Lyon di De Gregori fa parte dell’album “Per brevità chiamato artista” inciso del 2008. Tutte le canzoni presenti all’interno di questo album sono state scritte da De Gregori, eccezione fatta per questa. L’idea parte da una canzone del cantautore statunitense Tom Russel ed è dunque la cover della sua “Angel of Lyon”, scritta insieme a Steve Young. Tratta di un amore disperato e mai raggiunto, di cui ilparticolare protagonista è uno stregone. Questi incantato dalla visione di una donna chiamata Anna Maria, deciderà di partire per Lione e di cercare il suo angelo in terra. Lo stregone non troverà mai Anna Maria, pur cercandola e aspettandola per “quattro stagioni”.
2- Fabrizio De André, “Canzone del Maggio”
Questa canzone fa parte di un album che De André non ha particolarmente amato, almeno da principio. L’album in questione è “Storia di un impiegato” in cui viene appunto spiegata la storia di un impiegato e la sua posizione e rivalutazione in merito alla politica. La seconda traccia dell’album “Canzone del Maggio” non è forse una delle canzoni più ascoltate di questo prodotto, ma nasconde un grande significato sia politico che sociale. E’ dedicata al famoso Maggio francese del 1968, dove si combatté contro il capitalismo e l’imperialismo. A queste motivazioni si mischiarono anche i moti degli studenti e degli operai. Frase più famosa del testo, anche se spesso non associata al testo è: “Anche se voi vi credete assolti/ Siete lo stesso coinvolti.”
3- Ivan Graziani, “Pigro”
Fra le canzoni più sottovalutate del cantautorato italiano potrebbe rientrare “Pigro” di Ivan Graziani. Fa parte dell’omonimo album e tratta, ovviamente, della pigrizia. La traccia apre il lato B e oggettivamente sembra scagliarsi contro un padre, un marito, che si comporta da saccente, convinto di poter sapere o di poter insegnare qualcosa. La verità è che l’uomo è come cieco. Non si accorge di quel che succede attorno a lui, tanto che Ivan dirà “Ma non ti accorgi della noia che ha tua moglie?”
4- Rino Gaetano, “I miei sogni d’Anarchia”
Dal titolo molto accattivante, “I miei sogni d’anarchia” di Rino Gaetano ha un testo a tratti disarmante, che mette a nudo tante realtà. Sembra essere una vera canzone d’amore, anche perché l’anarchia, viene citata solo nei versi finali. Nel testo riprende pezzi di letteratura, di storia e di politica, con una delicatezza tipica di pochi.
5- Edoardo Bennato, “In fila per tre”
Anche una delle canzoni di Edoardo Bennato può essere considerata fra le più sottovalutate o meno considerate. All’inizio della canzone avere la parola è una maestra. In poche righe e con una grande ironia mette avanti i cliché tipici della scuola. Segue quella che sembra la canonica ambientazione di una caserma e infine l’ambito lavorativo. Tutta la canzone è velata da una grande verità. L’uomo è spesso come una macchina guidata dal sistema stesso, dove ciò ch’è tipico sembra giusto.