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Tim Buckley, 5 canzoni che lo hanno reso immortale

Tim Buckley è considerato uno dei cantautori più importanti del rock. Purtroppo in vita non ebbe moltissimo successo, infatti per un periodo fu costretto a ritirarsi ed a causa di ciò cadde in depressione e divenne preda di alcol e droghe. Tuttavia, con il tempo è stato rivalutato, anche se magari noi conosciamo meglio Jeff Buckley, il figlio, grande cantautore anche lui, che però non ebbe mai davvero un rapporto con il padre. A colpire dello stile del Buckley Padre sono soprattutto la bellezza dei suoi testi, ma anche la peculiarità della sua voce, con una grande estensione e molto versatile. Buckley ha contaminato diversi generi nella sua discografia, il principale è sicuramente il folk rock, con influenze però di jazz, rock psichedelico, pop e R&B. Il 29 Giugno del 1975, questo grande artista ci lascia a causa di un overdose di eroina. Vogliamo oggi ricordarlo con le cinque canzoni che hanno reso immortale Tim Buckley.

Song to the siren

Questa canzone è conosciutissima, forse la più famosa di Tim Buckley. Ha avuto molte cover, la più apprezzate è quella dei This Mortal Coil, che ha reso nota la canzone ad un pubblico più vasto. Ma lo hanno re-interpretato anche Robert Plant e John Frusciante, da molti è infatti ritenuta una delle canzoni rock più belle. Sostanzialmente si tratta di un semplice quanto intenso brano d’amore, scritta nel 1967, compare però solo nel 1970 nell’album Starsailor. Quest’ultimo è considerato il vero capolavoro di Buckley ed uno degli album più difficili per quanto riguarda il canto.

Buzzin’ fly

Tratto dal terzo album di Tim Buckley, Buzzin’ Fly insieme con l’album Happy Sad simboleggia il momento in cui Buckley inizia a sperimentare cose nuove nella sua musica. Jazz e rock psichedelico sono le principali influenze e getteranno le basi per i lavori successivi. Per quanto concerne il testo, non possiede la profondità di altri nella sua discografia, ma la musica compensa in maniera puntuale.

Once I was

Il brano è estratto dall’album Goodbye and Hello del 1967, l’album che diede popolarità a Tim Buckley e che risente più di tutti gli altri dell’influenza di Bob Dylan e di quel rock psichedelico che nominavamo poc’anzi. Ancora una volta siamo di fronte ad un lavoro senza troppi fronzoli, che si affida totalmente alla chitarra ed alle parole. Il testo è ancora una volta d’amore.

Once I was a soldier
And I fought on foreign sands for you
Once I was a hunter
And I brought home fresh meat for you
Once I was a lover
And I searched behind your eyes for you
And soon there’ll be another
To tell you I was just a lie

Phantasmagoria In Two

Tratta dal medesimo album, ancora una volta è una canzone d’amore, ma ancora una volta non va sul banale. Già dal titolo si può intuire un riferimento particolare alla Fantasmagoria, una forma di teatro che proiettava sui muri demoni, fantasmi, ombre ecc. adoperando una versione modificata della lanterna magica. In questo brano, per Buckley l’amore dovrebbe essere proprio questo: una Fantasmagoria in due.

Dream letter

Questa canzone di fatto narra la triste storia della paternità di Tim. Il cantautore non aveva abbandonato la madre di suo figlio con cattive intenzioni, aveva semplicemente scelto la musica e non la famiglia, deciso a spiegare al figlio la sua decisione quando sarebbe stato più grande. Sappiamo tutti che questo non avvenne mai. Allora Dream Letter è una vera e propria canzone di scuse verso il figlio, che risponderà nel suo album Grace con Dream Brother. In realtà il brano di Jeff è rivolto ad un amico che vorrebbe abbandonare la ragazza incinta, qui il figlio di Tim Buckley esorta l’amico a non commettere lo stesso errore del padre.

 

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