Analizzare l’opera dei Pink Floyd è un compito particolarmente arduo, vista la brillantezza abbagliante di cui è rivestita. La discografia del gruppo britannico caposaldo del Progressive Rock presenta diverse gemme dal raro splendore che si sono rivelate immortali, eludendo l’inesorabilità del tempo e, incantando, inevitabilmente, milioni di persone, negli echi delle generazioni. L’apporto dei Pink Floyd sulla musica moderna è inimmaginabile. Decine di gruppi e artisti moderni hanno risentito delle inflessioni del quartetto britannico, contribuendo a mistificare le figure dei membri della band.
Sia dal punto di vista lirico che compositivo, i Pink Floyd rappresentano un’istituzione in ambito socioculturale. La loro prorompente falcata verso l’elevazione dei canoni e dei processi di creazione dei brani, spinse il mondo del Rock verso orizzonti inesplorati. I brani della band risentono di un carico emozionale non indifferente; rendendo ogni traccia un viaggio alla scoperta dei propri sentimenti più reconditi. I complessi psicologici posti alla base delle canzoni dei Pink Floyd, rendono i loro album, veri e propri trattati di psicologia. In questa classifica, vogliamo omaggiare l’estro lirico e compositivo dei Pink Floyd, elencando le canzoni più commoventi che il gruppo abbia mai scritto.
5) The Final Cut
Tratta dall’omonimo album, pietra miliare della discografia dei Pink Floyd, The Final Cut si erge con delicatezza e solennità esprimendo tematiche critiche e delicate. Quello dell’alienazione è, da sempre, un punto focale nelle liriche della band. In The Final Cut, Roger Waters esplica tormenti insormontabili, arrivando a parlare di quanto, il profondissimo senso di estraneità infuso dal mondo moderno, possa portare gli uomini a compiere atti catastrofici come il suicidio.
4) Goodbye Blue Sky
Goodbye Blue Sky introduce la seconda facciata del capolavoro del 1979 dei Pink Floyd, The Wall. Nel concept, il protagonista costruisce un impenetrabile muro per rifugiarsi da una realtà deplorevole e dilaniante. Goodbye Blue Sky racconta l’inenarrabile. Gli orrori della guerra confluiscono penetrabili e taglienti nel cuore e nella mente dell’ascoltatore. Le commistioni ritmiche alternate tra momenti di fitta cupezza e di melanconica melodia contribuiscono a tessere un’atmosfera dal fortissimo carico emotivo. La chitarra costruisce un tappeto di note semplice e struggente, mentre dei bassi prorompenti fanno da sfondo alla voce roca di David Gilmour.
3) Mother
The Wall si è rivelato, in diverse sedi, come un lavoro particolarmente introspettivo, contenendo alcune delle canzoni più commoventi dei Pink Floyd. Mother lascia il segno sin dalle prime note, affermandosi, ancora una volta, come una manifestazione perfetta di eclettismo musicale, delineando un’identità artistica semplicemente inconfondibile. In Mother, avviene un dialogo, tra Pink, protagonista del concept e sua madre. Dopo aver perso il marito, la donna cresce il piccolo Pink adottando un atteggiamento apprensivo, ai limiti dell’ossessione. Questo, danneggia gravemente la psiche del protagonista; contribuendo ampiamente al suo processo di progressivo isolamento dalla realtà esteriore. Al di la dell’analisi lirica, Mother è un brano intenso come pochi, capace di trasportare l’ascoltatore attraverso un vorticoso turbine di turbamento ed empatia.
2) The Fletcher Memorial Home
The Fletcher Memorial Home, inclusa in The Final Cut, rappresenta, probabilmente, il punto di massima introspezione emotiva dell’opera di Roger Waters con i Pink Floyd. Concepito come il seguito di The Wall, The Final Cut è interamente dedicato alla memoria del padre di Waters, defunto durante la Seconda Guerra Mondiale. La morte del padre fu un evento che scosse profondamente la coscienza di Roger Waters, al punto di diventare uno dei punti fondamentali della sua discografia, da solista e con la band. The Fletcher Memorial Home è una traccia commovente ed indimenticabile come poche. Nelle parole intrise di emozione di Waters, traspare un’aspra denuncia nei confronti dei principali fautori del conflitto, ma il tributo al padre rimane il centro del testo della canzone. In termini musicali, la canzone è semplicemente perfetta. L’assolo di David Gilmour è strabiliante e madido di sentimento, lasciando in estasi l’ascoltatore.
1) The Great Gig In The Sky
Per molti, The Dark Side Of The Moon rappresenta l’Opera Prima dei Pink Floyd. Sebbene i dibattiti in merito siano ancora particolarmente accesi, chiunque conviene col fatto che, il disco, sia un capolavoro della cultura contemporanea. The Dark Side Of The Moon racchiude, nelle tracce che lo compongono, le aberrazioni principali che portano l’uomo contemporaneo all’alienazione e, ogni traccia, esplica esaustivamente digressioni sociologiche fondamentali per delineare gli aspetti più reconditi della vita moderna. The Great Gig In The Sky è un tributo alla morte, vista come salvezza dalla dilaniante relegazione che, la monotonia della vita, rappresentava. Soffermarsi eccessivamente sul tessere le lodi del brano, ormai, risulta superfluo, ma le emozioni suscitate dallo struggente assolo di voce di Clare Torry, scagliato sul pianoforte malinconico e sommesso di Richard Wright rendono, The Great Gig In The Sky, una delle canzoni più commoventi dei Pink Floyd.