Il brano dalla durata più lunga della carriera discografica dei Beatles: 7 minuti e 15 secondi. Hey Jude uscì l’11 agosto del 1968, e dopo più di cinque decenni è ancora impossibile da dimenticare. Per il gruppo però, sarà impossibile da dimenticare anche la strampalata ed estenuante sessione tenuta per registrare la canzone.
Hey Jude: la storia e la bizzarra registrazione del classico intramontabile dei Beatles
Tutto iniziò un pomeriggio d’estate del 1968. Paul McCartney stava guidando alla volta di Weybridge per recarsi da colei che da poco si era separata dal compagno di band John Lennon; Cynthia. Il suo intento era quello di consolare il piccolo Julian Lennon per la rottura dei suoi genitori. “Io e Julian eravamo rimasti in ottimi rapporti, era un ragazzino adorabile”, raccontò McCartney. “Mi ritrovai a canticchiare questo motivetto; il verso che mi girava in testa era “Hey Jules, don’t make it bad”, che poi diventò Jude. Era solo un nome, ma mi sembrava che suonasse meglio”. In un’altra intervista, Paul aggiunse che la scelta era dovuta alla sua necessità di “trovare un nome più country-western“. Ad ispirarlo sarebbe stato un personaggio del musical Oklahoma chiamato Jud.
John Lennon, dopo aver ascoltato per la prima volta la canzone, si dichiarò entusiasta, sebbene pensò che essa si riferisse a lui, e disse: “Ah sì, parla di me!“. E Paul rispose: “No, di me”. Lennon era fermamente convinto che il brano parlasse, in maniera subliminale, della sua storia con Yoko Ono. Altri, invece, pensarono a dei disguidi all’interno dei Beatles. In realtà, Hey Jude nascondeva un unico e semplice concetto, valevole per ogni persona: credere in sé stessi.
La canzone venne registrata, col supporto di un’orchestra composta da 36 elementi, negli studi di Abbey Road. Non fu una sessione come le altre, anzi; fu piuttosto movimentata. Stando a quanto raccontò Paul McCartney, Ringo Starr, quando tutto prese il via, si trovava in bagno. “Me ne accorsi solo all’ultimo, quando lo sentii sgattaiolare verso la batteria giusto in tempo per il suo attacco“. Paul e George Harrison, lo stesso giorno, ebbero una discussione per quanto riguardava l’arrangiamento, cosa che tra l’altro accadeva spesso, dato che il secondo si sentiva frustrato perché le sue idee erano prese poco in considerazione. Uno degli orchestrali, infine, si rifiutò di partecipare al coro finale. Questa avventura venne condita con molte parolacce e imprecazioni, alcune delle quali sono ancora parzialmente udibili nel disco.