Il 21 marzo 1983 i Pink Floyd pubblicavano The Final Cut, uno dei dischi più sottovalutati all’interno della vasta produzione floydiana e ultimo album realizzato insieme a Roger Waters. Anzi, forse sarebbe meglio dire primo album solista di Roger Waters con i Pink Floyd, perché a dispetto del nome del gruppo in copertina, è soprattutto Waters l’autore e la vena compositiva di questi dodici pezzi. Il tema affrontato poi, la delusione e il dolore della guerra, risente profondamente delle esperienze di Waters, il cui padre morì durante la Seconda Guerra Mondiale. Per celebrare il suo trentaseiesimo anniversario, ecco qui una serie di curiosità che forse non conoscevate su questo splendido album.
1) Una copertina minimale
I riferimenti militari partono dalla copertina, che a prima vista può risultare molto anonima, con un semplice quadrato nero in sfondo e pochi altri elementi colorati. Ad osservare con occhio attento però si noterà in alto a sinistra un cerchio rosso, che ricorda molto un fiore: si tratta del Remembrance Poppy, il papavero usato in Gran Bretagna per commemorare i caduti della Prima e Seconda Guerra Mondiale. Le quattro strisce sotto invece sono medaglie al valore militare, risalenti proprio alla Seconda Guerra Mondiale. Fu Waters, ovviamente, ad ideare e realizzare in autonomia questo artwork.
2) The Final Cut & The Wall
L’intenzione del disco era quella di essere un “requiem per il sogno del dopoguerra”, collegandosi così perfettamente al filone narrativo di The Wall. Molti dei brani che compongono The Final Cut erano già stati scritti nelle sessioni di registrazione dell’album precedente e dovevano uscire come soundtrack per il lungometraggio di The Wall. Per una serie di motivi, politici e non, The Final Cut diventò poi un concept-album contro la guerra a sé stante.
3) Il titolo originale
Come detto, The Wall e The Final Cut sono strettamente intrecciati, sia a livello di tematiche che di sonorità. Alcuni brani di quest’ultimo infatti altro non sono che canzoni originariamente scritte per The Wall, da cui vennero poi escluse. Il titolo originale doveva quindi essere Spare Bricks (mattoni avanzati), ma diventò poi The Final Cut (il taglio finale), quasi a profetizzare le sorti della band.
4) Margaret Thatcher, la musa ispiratrice
The Final Cut è un album fortemente politico. Lungo tutto il disco ci sono riferimenti ad una certa “Maggie”: si tratta di Margaret Thatcher, a cui Waters non per la prima volta rivolge pesanti critiche. Sotto al suo governo, nel 1982 la Gran Bretagna dichiara guerra all’Argentina, causando delusione e orrore tra i tanti che ancora avevano una ferita di guerra aperta. Proprio al primo ministro sono rivolte parole di The Post War Dream, brano che apre l’album: Maggie, what have we done to England?
5) Pink Floyd senza Richard Wright
The Final Cut è l’album che più di tutti vede Roger Waters prendere il sopravvento sul resto della band. Era stato proprio lui, dopo The Wall, ad allontanare lo storico tastierista Richard Wright, a causa di divergenze sorte in quel periodo. Il gruppo ha perso quindi uno dei principali Pink, che per le registrazioni fu sostituito da Andy Bown e Michael Kamen. Ma ormai il destino della band è ben chiaro.
Anche il coinvolgimento di Gilmour e Mason è ridotto al minimo. Ormai rimasti in tre, i Pink Floyd così come li conoscevamo purtroppo non esistono più. Nel 1985 sarà Waters a dare il “taglio finale” decisivo, lasciando la band per intraprendere la carriera da solista.