Chi mai, durante la propria vita, non è rimasto colpito dalla profondità di “Heroes” o non ha ballato seguendo le note energiche di “Let’s dance“?
Chi, entrando in un negozio di dischi, non ha mai incrociato lo sguardo ammaliante di colui che – attraverso la sua arte e la sua passione per il trasformismo – ha lasciato un’impronta indelebile nel mondo della musica?
Stiamo parlando di David Robert Jones, meglio conosciuto come David Bowie, affermatosi durante la propria carriera come artista internazionale e icona di stile attraverso il suo continuo mutamento e i suoi abiti stravaganti. Ma non solo: avvicinatosi al mondo della musica grazie all’influenza di suo fratello Terry, Bowie iniziò ad ascoltare in giovane età il jazz e il rock ‘n’ roll e nel 1962 formò la prima band, The Konrads, in cui però non fece il cantante, bensì il sassofonista.
Lo stesso anno, a causa di un pugno (per un litigio) datogli dall’amico di infanzia George Underwood, acquisì la “caratteristica” che gli valse il soprannome “divo dagli occhi bicolore“: il pugno, infatti, gli causò una midriasi permanente all’occhio sinistro, una paralisi del nervo costrittore della pupilla, causando così l’illusione degli occhi diversi, uno azzurro e l’altro quasi totalmente nero. Divenuto David Bowie nel 1965 e successivamente Ziggy Stardust, grazie anche all’aiuto delle lezioni datogli dal mimo Lindsay Kemp – che gli insegnò i trucchi e i misteri del ballerino, insegnandogli cosi anche a stare sul palco –
il Duca Bianco ci ha regalato alcune delle più belle opere d’arte musicali, considerate delle vere e proprie pietre miliari; fu soprannominato così in seguito alla tourneé di Station to Station, quando lo stesso Bowie si presentò al mondo intero come “Thin White Duke“, ovvero “lo snello Duca Bianco”, personaggio presentato durante gli spettacoli e descritto come aristocratico sobrio ma elegante, che amava vestire di bianco e che era molto appassionato alla musica dell’artista.
Partendo dal suo debutto musicale, non si può non citare l’album omonimo David Bowie, i grandi successi “Space Oddity“, “The rise and fall of Ziggy Stardust and the Spiders from Mars” e “Aladdin Sane”. Passando poi attraverso la trilogia berlinese, molto personale, che comprende “Low“, “Heroes” e “Lodger“, fino ad arrivare al ritorno sulle scene con “The Next Day” e al suo addio “misterioso” con “Blackstar“.David Bowie ha sempre dimostrato il proprio valore e la propria unicità, dando prova del genio musicale che lo distingueva.
Bisogna ricordare anche altri capolavori del Duca Bianco: oltre alla musica, Bowie ha lavorato come attore in molte parti e ha avuto modo di apparire in diversi film, come “L’uomo che cadde sulla Terra“, che decreta il suo debutto cinematografico nel ruolo del protagonista; “Absolute Beginners“, film musicale che descrive la vita nella Londra degli anni cinquanta; “Furyo”, ambientato nella Seconda Guerra Mondiale ed il tanto amato “Labyrinth – Dove tutto è possibile”, film di fantasia datato 1986, dove Bowie interpreta Jareth il re dei Goblin, insieme ad una ancora sedicenne Jennifer Connelly. Ha recitato anche nel film italiano “Il mio west”, al fianco di Leonardo Pieraccioni e Alessia Marcuzzi, e nella serie tv “Twin Peaks”, di David Lynch. In seguito al cameo nel film “Zoolander”, si aggiudicò il premio MTV Movie Award nella categoria “Best Cameo”.
Tante sono state le collaborazioni con altri artisti: Brian Eno, Iggy Pop, Freddie Mercury, Annie Lennox, Mick Jagger, Lou Reed, Tina Turner e tanti altri hanno “intrecciato” la propria carriera artistica con quella di David Bowie, dando vita ai duetti più celebri della musica rock. In concomitanza dell’anniversario dei 40 anni dall’uscita di Heroes, che cade proprio in questi giorni, non sono rimasti da parte neanche i Depeche Mode: la band inglese, infatti, è rientrata in studio per registrare una cover del brano per ricordare l’uscita dell’album e omaggiare il collega scomparso.Nonostante non abbiano mai collaborato insieme, i DM e David Bowie erano legati dalla forte amicizia che c’era tra il Duca Bianco e Dave Gahan, voce della band: i due erano molto amici, di un’amicizia non solo artistica ma coltivata anche nella vita di tutti i giorni, dato che le figlie degli artisti andavano a scuola insieme.
A quasi due anni dalla scomparsa del marziano più famoso sulla Terra, non possiamo far altro che ricordare la sua grandezza attraverso la sua musica, la sua storia e – soprattutto – attraverso ciò che ci ha lasciato nel tempo; rivangando nella memoria e ricordando i suoi concerti (per i più fortunati il primo incontro faccia a faccia) o semplicemente ascoltando un suo vinile conservato gelosamente nella propria collezione privata. Ricordando ciò che è stato e ciò che sempre sarà. L’uomo che cadde sulla Terra.
articolo di Benedetta Vari per R3M.IT